| Erano molte le ragioni di non rispondere ad una domanda, sia per svogliatezza che per apprensione, che per paura. La sua però non era una vera e propria paura; quello di Raven era il timore le sue parole arrivasse a far scattare in qualche modo sè stesso, innanzitutto, e che solo poi volassero nell'aria fino alle orecchie fini dei suoi fratelli. Come setita, lui non avrebbe dovuto esistere e se già convivere in segreto nella grande città e di nascosto da altri setiti poteva essere pericoloso, figurarsi l'incontrarli di persona. Avrebbe messo in pericolo la propria vita e quella di chiunque gli stesse attorno se l'avessero scovato in qualche modo, e non aveva dubbi gli avrebbero strappato i vestiti di dosso, non avendolo mai visto prima. I Figli di Seth erano in grado di guarire da qualsiasi cosa o quasi, e chiunque di loro lo fosse dalla nascita non aveva cicatrici di nessun tipo, nemmeno per sbaglio a meno non fossero recenti e fresche, in via di guarigione. Le sue non lo erano, invece, nè la croce scavata nella sua schiena, merito di un'ustione sacra e coperta dalla felpa, nè i due lunghi tagli ormai richiusi e cicatrizzati delle sue ali strappate di netto, la malformazione genetica che l'aveva accompagnato dalla rinascita, da quando la tenebra aveva smesso di lottare per tenerlo in uno stato di nonvita e lui s'era ritrovato in corpi diversi dal suo che aveva riunito, come pezzi di collage, per tornare all'aspetto che tanto aveva adorato. Era un puzzle di corpi morti riportati in vita e riempiti dalla sua anima e portava con sè le cicatrici d'altri tempi, cosa che lo classificava come impuro, incorretto per loro. Come pochi altri, la sua pena sarebbe stata il rogo, ciò che poteva uccidere uno qualunque di loro: il fuoco bruciava e non lasciava scampo, e troppo portava alla morte. Pelle troppo fragila, insofferente al sole e al calore delle fiamme dava vita a questo difetto ed a molto altro. Si poteva così capire benissimo il motivo per il quale avesse solo accennato, non risposto veramente. Oltre al fatto i setiti erano tutti portati a mentire, quel suo segreto gli proteggeva la vita in molti modi, dalle mani di umani e qualsiasi altra creatura avesse voluto approfittarsene. Quale arcanista non avrebbe voluto il suo veleno, quale artigiano o medico la sua pelle o i suoi organi? Rabbrividiva a quel pensiero, un brivido nascosto sottopelle e nello sguardo improvvisamente gelido. Glielo rivolse così com'era, simile ad un blocco di ghiaccio dalle sfumature verdi e dorate, prima si ammorbidisse in un sorriso. Scosse la testa, spostando le iridi da lei alla rosa, candida e quasi rassicurante in quella sua bellezza. Ho solo trent'anni.. le rispose con calda ironia. Erano trentacinque, ma abbassare un po' sull'età che non dimostrava non poteva fargli male. Non sono così vecchio, nè così ben informato sulla mitologia. Avevo un'amica che l'amava.. La ricordò con affetto, perchè sapeva di essere stato crudele con lei e non solo per il fatto lo volesse. Allora era la sua natura, così come adesso lo era quella di serpente. Stava quasi per lasciarsi scappare che lei era sul serio una creatura mitologica, ma si fermo prima. Lei si che era vecchia davvero, anche se non lo dava minimamente a vedere si limitò ad aggiungere, prima di alzarsi in piedi a mostrarle la risposta alla sua seconda questione. Lasciò la rosa sulla panchina e si sistemò i pantaloni con entrambe le mani, tirandone su il bordo abbassatosi a forza di star seduto. Tu ne vedi una, per caso? le disse ridacchiando, piegandosi appena in avanti a toccarsi l'interno delle cosce, verso le ginocchia, per mostrarle non era un'illusione. Probabilmente sembrava un povero scemo, ma era divertente e non ci faceva caso. Credo che se ne avessi avuta una l'avrei notata.. sarebbe un po' ingombrante da gestire. Non le aveva però risposto direttamente, ancora una volta, e in più lei nemmeno l'aveva toccato. Se l'avesse fatto, avrebbe scoperto era esoterma, freddo al tocco o al massimo a temperatura ambiente, eliminando così possibili dubbi nonostante l'evidenza; nonostante questo tornò a sedersi al proprio posto con la leggerezza di un ragazzino impertinente, lasciando invece la rosa dov'era, messa tra loro a separarli e posizionata al suo fianco sinistro. E tu invece, che cosa sei, mia cara? Non glielo domandava per un motivo preciso, ma solo perchè non sembrava affatto sorpresa nè spaventata. Stese le braccia lungo il bordo superiore della panchina e accavallò le gambe, non esattamente stravaccato e nemmeno del tutto elegante nella posa. Sei una studiosa, una ricercatrice? Magari un'insegnante? Se conosceva la mitologia greca, magari era una professoressa di storia o di letteratura, o di latino e greco, non si sapeva mai. Non aveva esattamente l'aspetto della ragazzina imperbe. O.. ti piacciono gli animali strani? Magari, una biologa. L'ultima domanda era colorata di malizia, ma d'altronde, per quanto lo negasse, era pur sempre un uomo dominato da istinti serpentini e questo faceva di lui un animale a tutti gli effetti, per quanto non esattamente mammifero - non del tutto almeno - e non a sangue caldo. Lui però non s'era ancora accorto di niente di strano nella giovane, quindi almeno in teoria le stava lanciando quella domanda come uno scherzo, aspettandosi un impiego come risposta e nient'altro.
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