Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quella giornata doveva proprio essere cancellata da ogni calendario esistente sulla faccia della terra. Si era svegliata con un’inesistente voglia di fare qualsiasi cosa non fosse rimanere infagottata sotto tre, se non addirittura quattro coperte di lana spessa a godersi il tepore che si era creato e che condivideva solo con il suo amato Sir Coniglio -ebbene sì, la sera prima era andata a dormire abbracciata all’unico peluches che avesse mai avuto. Era riuscita a tirarsi giù dal letto, s’era trascinata in cucina con una faccia da far paura anche all’uomo nero, si era preparata di malavoglia ed era andata a lavoro, dopo ave rtentato infruttuosamente di migliorarsi l’umore con un caffè lungo e bollente. Le toccava il turno lungo, che implicava qualcosa come dieci ore di lavoro con una sola pausa che le consentiva giusto il tempo di pranzare e tornare ai propri doveri. Non mise nemmeno una nocciolina sotto i denti, il che peggiorò ulteriormente il suo temperamento già grigio, facendolo virare pericolosamente verso un color pece molto intenso. Riuscì comunque a tenere, più o meno, fede alla facciata di Ambrosine che le permetteva di non essere se stessa almeno per un po’ e non ci furono né feriti né morti da portare sulla coscienza. Semplicemente, tutti notarono quello doveva essere un giorno no per la dolce e carina cameriera con il cervello di un’oca giuliva. Riuscì addirittura a non farsi scappare lo spettacolino del barattolo di sale rovesciato sul bancone, sorbendosi tanto di raccomandazioni da parte di attempate credenti che le ricordavano di gettarsene un po’ alle spalle perché
‘altrimenti avrebbe portato male’. Tzè, come se credesse a stupidaggini di quel genere. Non c’era dio, credenza, superstizione che potesse condizionarla. Certo, facevano eccezione le sue paranoie, ma erano del tutto autoctone, create dalla sua mente bacata e non da qualcuno che si credeva in grado di portare agli uomini il volere di un’entità superiore. Beh, ciò che successe da quel momento in poi fu un’ascensione di disastri inimmaginabili: un ubriaco andò a rompere le scatole al fidanzatino sbagliato e Midnight, o meglio Ambrosine, per dividerli si prese uno schiaffo che la fece voltare dall’altra parte. Non avesse dovuto mantenere la facciata da cameriera piccola ed indifesa avrebbe preso il tizio per i gioielli di famiglia, facendogli provare l’ebbrezza di entrare nelle voci bianche senza aver bisogno di fare domanda. Giunse Sam, il capo nonché proprietario del grill dove lavorava, a cacciare fuori i due litiganti e ad assicurarsi premurosamente che stesse bene. Per poco non rischiò di prendersela con lui solo perché era il primo a portata di mano. Riuscì a sorvolare, inghiottendo un boccone fin troppo amaro per i gusti del suo orgoglio smisurato. Qualche ora dopo dovette quietare una ventenne con la puzza sotto il naso che s’era convinta il suo hamburger vegetale non fosse tale, perché, sosteneva,
‘era troppo saporito per essere un derivato della soia’. Per poco non le ruppe il bel nasino alla francesina che si ritrovava incorniciato da ciocche rosso carota totalmente naturali. Le belle chiappe sode di Brian che le passarono davanti la distrassero quel tanto che bastava perché la vegetariana mal riuscita desistesse e se ne andasse sculettando nelle sue Louboutin dall’altezza a dir poco vertiginosa. Senza pagare il conto, per altro, che Sam le addebitò, perché, secondo lui, avrebbe dovuto
‘assecondare la cliente e non darle contro’, aggiungendo anche uno incredulo
‘non ti avevo mai vista così scontrosa’. Non era una persona violenta, ma nel preciso istante in cui aveva sentito quelle parole avrebbe voluto volentieri fargli vedere cosa avrebbe significato conoscere la sua parte più scontrosa e scortese. Soprassedette, facendo perno sull’immane pazienza che aveva sviluppato. L’ultima meraviglia di quella giornata nera? La sua adorata Plymouth decise di lasciarla a piedi sotto il diluvio universale proprio quando si stava avviando verso casa, con già in mente l’idea di monopolizzare il bagno di Raven almeno per un paio d’ore. Sarebbe solo dovuta passare a ritirare l’indicazione per il
lavoro per cui erano stati richiesti i suoi servigi per la sera successiva e poi la vasca sarebbe stata tutta sua; il serpentone non avrebbe osato dirle no vedendo l’umore di cui era. Evidentemente era chiedere troppo. Non ci furono imprecazioni, minacce di incendiarla che la fecero ripartire. Nessuna magia a far smettere quel tossicchiare sgraziato del motore. Per le vie meno perbene della città nessuno s’azzardava ad uscire con un tempaccio del genere e lei non aveva nemmeno l’ombrello dietro. Il temporale non era stato previsto dal meteo di quella mattina. Di chiamare il suo coinquilino perché mandasse qualcuno a recuperarla non se ne parlava proprio, piuttosto di fare l’autostop e passare per una signorina di facili costumi si sarebbe mozzata entrambi i pollici e rimanere lì impalata in mezzo al deserto delle sei di un’anonima sera invernale -anche se sembrava molto più tardi, visto il cielo era di un grigio cupo e minaccioso ed essendo i primi di dicembre la luce era agli sgoccioli- a bagnarsi come una povera cucciolotta abbandonata non se ne parlava proprio. Si mise quindi in marcia verso la zona da cui era arrivata, sperando di trovare lì un mezzo pubblico che la potesse portare verso la parte residenziale della città dove abitava da qualche mese, ormai. Preferiva infradiciarsi, piuttosto che rimanere ad aspettare un miracolo. Il suo desiderio venne esaurito. Il cappotto nero, imbottito, non era impermeabile e quindi assorbì presto tutto quello che poteva assorbire, bagnandole il sottostante maglione in cotone spesso due dita color panna ed i jeans neri che le si appiccicarono addosso come una seconda pelle. Solo i piedi rimasero all’asciutto, grazie agli stivali in stile cowboy che aveva indossato quella mattina. Detestava sentirsi umida, era peggio del sentirsi fredda. Era tanto furente che non le passò di mente d’infilarsi in un bar ed attendere la tempesta smettesse, metteva semplicemente un piede davanti all’altro volendo arrivare il prima possibile a casa. Nessuno le avrebbe impedito di farsi qualche decina di the bollenti di fila per recuperare la solita sensazione di piacevole calore che permeava il suo corpo. Alzarne la temperatura, come stava facendo, sembrava solo in grado di farle percepire più il fastidio dell’essere bagnata.
Procedeva a testa appena china, fissando l’asfalto stracolmo di pozzanghere, la mente ormai svuotata da qualunque pensiero che non fosse quello di ritrovarsi all’asciutto. Pur non avendo un atteggiamento ostile, pur non scoccando occhiate assassine a destra ed a manca per il semplice gusto di farlo, sembrava permeata da un’aura di negatività che consigliava a tutti di star bene alla larga, a meno che non si volesse incappare nell’ira divina della demone. Ora che non doveva più fingere di essere Ambrosine lasciava tutto il malumore le fluisse attorno, proprio come avrebbe potuto fare con la sua aura di fiamme arancionata. Avvicinarla? Decisamente sconsigliato.
Per il cacciatore della Varo