Anderville GDR

Good morning, sunshine!

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Midnight_Rose
view post Posted on 14/6/2011, 20:31




Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quella giornata doveva proprio essere cancellata da ogni calendario esistente sulla faccia della terra. Si era svegliata con un’inesistente voglia di fare qualsiasi cosa non fosse rimanere infagottata sotto tre, se non addirittura quattro coperte di lana spessa a godersi il tepore che si era creato e che condivideva solo con il suo amato Sir Coniglio -ebbene sì, la sera prima era andata a dormire abbracciata all’unico peluches che avesse mai avuto. Era riuscita a tirarsi giù dal letto, s’era trascinata in cucina con una faccia da far paura anche all’uomo nero, si era preparata di malavoglia ed era andata a lavoro, dopo ave rtentato infruttuosamente di migliorarsi l’umore con un caffè lungo e bollente. Le toccava il turno lungo, che implicava qualcosa come dieci ore di lavoro con una sola pausa che le consentiva giusto il tempo di pranzare e tornare ai propri doveri. Non mise nemmeno una nocciolina sotto i denti, il che peggiorò ulteriormente il suo temperamento già grigio, facendolo virare pericolosamente verso un color pece molto intenso. Riuscì comunque a tenere, più o meno, fede alla facciata di Ambrosine che le permetteva di non essere se stessa almeno per un po’ e non ci furono né feriti né morti da portare sulla coscienza. Semplicemente, tutti notarono quello doveva essere un giorno no per la dolce e carina cameriera con il cervello di un’oca giuliva. Riuscì addirittura a non farsi scappare lo spettacolino del barattolo di sale rovesciato sul bancone, sorbendosi tanto di raccomandazioni da parte di attempate credenti che le ricordavano di gettarsene un po’ alle spalle perché ‘altrimenti avrebbe portato male’. Tzè, come se credesse a stupidaggini di quel genere. Non c’era dio, credenza, superstizione che potesse condizionarla. Certo, facevano eccezione le sue paranoie, ma erano del tutto autoctone, create dalla sua mente bacata e non da qualcuno che si credeva in grado di portare agli uomini il volere di un’entità superiore. Beh, ciò che successe da quel momento in poi fu un’ascensione di disastri inimmaginabili: un ubriaco andò a rompere le scatole al fidanzatino sbagliato e Midnight, o meglio Ambrosine, per dividerli si prese uno schiaffo che la fece voltare dall’altra parte. Non avesse dovuto mantenere la facciata da cameriera piccola ed indifesa avrebbe preso il tizio per i gioielli di famiglia, facendogli provare l’ebbrezza di entrare nelle voci bianche senza aver bisogno di fare domanda. Giunse Sam, il capo nonché proprietario del grill dove lavorava, a cacciare fuori i due litiganti e ad assicurarsi premurosamente che stesse bene. Per poco non rischiò di prendersela con lui solo perché era il primo a portata di mano. Riuscì a sorvolare, inghiottendo un boccone fin troppo amaro per i gusti del suo orgoglio smisurato. Qualche ora dopo dovette quietare una ventenne con la puzza sotto il naso che s’era convinta il suo hamburger vegetale non fosse tale, perché, sosteneva, ‘era troppo saporito per essere un derivato della soia’. Per poco non le ruppe il bel nasino alla francesina che si ritrovava incorniciato da ciocche rosso carota totalmente naturali. Le belle chiappe sode di Brian che le passarono davanti la distrassero quel tanto che bastava perché la vegetariana mal riuscita desistesse e se ne andasse sculettando nelle sue Louboutin dall’altezza a dir poco vertiginosa. Senza pagare il conto, per altro, che Sam le addebitò, perché, secondo lui, avrebbe dovuto ‘assecondare la cliente e non darle contro’, aggiungendo anche uno incredulo ‘non ti avevo mai vista così scontrosa’. Non era una persona violenta, ma nel preciso istante in cui aveva sentito quelle parole avrebbe voluto volentieri fargli vedere cosa avrebbe significato conoscere la sua parte più scontrosa e scortese. Soprassedette, facendo perno sull’immane pazienza che aveva sviluppato. L’ultima meraviglia di quella giornata nera? La sua adorata Plymouth decise di lasciarla a piedi sotto il diluvio universale proprio quando si stava avviando verso casa, con già in mente l’idea di monopolizzare il bagno di Raven almeno per un paio d’ore. Sarebbe solo dovuta passare a ritirare l’indicazione per il lavoro per cui erano stati richiesti i suoi servigi per la sera successiva e poi la vasca sarebbe stata tutta sua; il serpentone non avrebbe osato dirle no vedendo l’umore di cui era. Evidentemente era chiedere troppo. Non ci furono imprecazioni, minacce di incendiarla che la fecero ripartire. Nessuna magia a far smettere quel tossicchiare sgraziato del motore. Per le vie meno perbene della città nessuno s’azzardava ad uscire con un tempaccio del genere e lei non aveva nemmeno l’ombrello dietro. Il temporale non era stato previsto dal meteo di quella mattina. Di chiamare il suo coinquilino perché mandasse qualcuno a recuperarla non se ne parlava proprio, piuttosto di fare l’autostop e passare per una signorina di facili costumi si sarebbe mozzata entrambi i pollici e rimanere lì impalata in mezzo al deserto delle sei di un’anonima sera invernale -anche se sembrava molto più tardi, visto il cielo era di un grigio cupo e minaccioso ed essendo i primi di dicembre la luce era agli sgoccioli- a bagnarsi come una povera cucciolotta abbandonata non se ne parlava proprio. Si mise quindi in marcia verso la zona da cui era arrivata, sperando di trovare lì un mezzo pubblico che la potesse portare verso la parte residenziale della città dove abitava da qualche mese, ormai. Preferiva infradiciarsi, piuttosto che rimanere ad aspettare un miracolo. Il suo desiderio venne esaurito. Il cappotto nero, imbottito, non era impermeabile e quindi assorbì presto tutto quello che poteva assorbire, bagnandole il sottostante maglione in cotone spesso due dita color panna ed i jeans neri che le si appiccicarono addosso come una seconda pelle. Solo i piedi rimasero all’asciutto, grazie agli stivali in stile cowboy che aveva indossato quella mattina. Detestava sentirsi umida, era peggio del sentirsi fredda. Era tanto furente che non le passò di mente d’infilarsi in un bar ed attendere la tempesta smettesse, metteva semplicemente un piede davanti all’altro volendo arrivare il prima possibile a casa. Nessuno le avrebbe impedito di farsi qualche decina di the bollenti di fila per recuperare la solita sensazione di piacevole calore che permeava il suo corpo. Alzarne la temperatura, come stava facendo, sembrava solo in grado di farle percepire più il fastidio dell’essere bagnata.
Procedeva a testa appena china, fissando l’asfalto stracolmo di pozzanghere, la mente ormai svuotata da qualunque pensiero che non fosse quello di ritrovarsi all’asciutto. Pur non avendo un atteggiamento ostile, pur non scoccando occhiate assassine a destra ed a manca per il semplice gusto di farlo, sembrava permeata da un’aura di negatività che consigliava a tutti di star bene alla larga, a meno che non si volesse incappare nell’ira divina della demone. Ora che non doveva più fingere di essere Ambrosine lasciava tutto il malumore le fluisse attorno, proprio come avrebbe potuto fare con la sua aura di fiamme arancionata. Avvicinarla? Decisamente sconsigliato.
Per il cacciatore della Varo
 
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//Geralt
view post Posted on 14/6/2011, 22:20




Era stata una giornata tutto sommato positiva. Le indagini sulla Lewis continuavano regolari, i suoi appostamenti non avevano dato i frutti sperati ma c'era qualcosa in quella donna che non tornava, qualcosa di assolutamente... “rottura di palle”, non c'era altro modo per spiegare la sensazione che lo invadeva nel fissare quel visetto so-tutto-io.

“'na stronza” ecco, questa definizione era perfetta.

Aveva scoperto che la signorina Lewis aveva un'amica, un'amica invischiata nel marcio della città, la pattumiera esistente in ogni società, fatta di tossici, assassini, prostitute e altri farabutti. La conosceva dalle scuole superiori; quella mattina aveva visionato i registri per vedere gli insegnanti e i compagni di classe per poterne interrogare qualcuno e scoprire la relazione che c'era tra le due a quei tempi. Stranamente la metà dei compagni era morta, il resto si era trasferito fuori Anderville. Come se scappassero da qualcosa... Ma era un giudizio troppo affrettato; forse era uno di quei casi su un milione in cui non c'entravano creature soprannaturali. Certo. Comunque era andato a parlare con l'unica professoressa ancora in vita, una vecchietta di settantatré anni in pensione, la quale gli raccontò con piacere dei bei vecchi tempi offrendogli biscotti e tè alla pesca.

Carlene Lewis e Jessye Felton erano una l'opposto dell'altra. La prima era di ricca famiglia, ben vestita, tranquilla e diligente, qualche volta debole di carattere, l'insegnante ricordava alcuni scherzi degli studenti più scapestrati ai suoi danni; non si era mai lamentata però, nessuna reazione, troppo timida e insicura. Aveva cercato di aiutarla, parlandole e provando a convincerla a dichiarare quello che subiva, fare qualche nome, ma niente. La seconda era nata in una difficile situazione famigliare, madre tossica, padre in prigione; reagiva violentemente a ogni minima provocazione, si diceva avesse sempre un coltello con sé, i genitori degli altri ragazzi si lamentavano tuttavia per mancanza di prove non potevano espellerla. Si chiedeva in se stessa, non socializzava mai con gli altri, era quel tipo di ragazzina che di solito si definisce problematica. La vecchia docente aveva tentato anche con lei un approccio diplomatico proponendole delle sessioni d'ascolto dove poteva sfogare quello che aveva dentro ma la giovane non si era mai presentata.

La cosa strana era che le due si erano sempre ignorate, quindi perché adesso la Lewis andava a trovare la Felton nel suo appartamentino mezzo sfasciato e la Felton andava a trovare la Lewis nel suo appartamentino nei sobborghi medio-alti? Erano amiche di nascosto? Si sa che l'adolescenza è un periodo problematico, Geralt non si stupiva più di niente in quel campo umano della crescita dell'uomo. Aveva cercato la Felton, i poliziotti gli avevano passato il suo fascicolo, era stata arrestata due volte per taccheggio e, indovina un po' chi l'aveva tirata fuori dalla buia e cattiva cella? La Lewis. Che cuore d'oro.

La donna lavorava in un barettino malfamato nei quartieri bassi, luogo in cui si stava dirigendo in questo momento con il suo SUV, sotto la pioggia scrosciante di quella seratina invernale. Oh beh, era ancora presto in verità, le 18 appena passate, però il cielo nuvoloso gli metteva addosso una brutta sensazione, un cattivo presagio. Come se non ne avesse già abbastanza. Parcheggiò e scese dal mezzo avvolto nel suo soprabito color cachi con un ombrello blu, camminando verso il bar che si trovava dietro l'angolo. Tuttavia la fortuna doveva essere dalla sua parte a dispetto di quello che gli dicevano le bidella profetiche: Jessye Felton aveva appena svoltato l'angolo e camminava verso di lui a testa bassa. Tirò fuori dalla tasca la foto non esattamente precisa della ragazza e poi la rimise via. Sì, era lei: miserabile ragazzina sui vent'anni, volto incazzoso e nervoso tipico dei tossici... In realtà non si riusciva a vedere granché da quella distanza ma le premesse c'erano tutte. Si incamminò e le si fermò davanti bloccandole la strada.

Jessye Felton?

E la Mid rispose "chi?" XD

Edit
Aggiunto il soprabito XD


Edited by //Geralt - 15/6/2011, 09:57
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 15/6/2011, 20:49




Quando il suo umore si guastava tanto da renderla intrattabile e scontrosa, proprio com’era quella sera, riusciva a non arrovellarsi il cervello su quanto fosse iellata, buona nulla e tante altre belle cose che avrebbero potuto spingere una persona dalla personalità meno forte a decidere fosse arrivato il momento di suicidarsi e fare ciao ciao al mondo ed a tutti i suoi casini. Ciò che le riempiva la mente, per paradosso, era il vuoto più assoluto: si crogiolava solamente nel suo malumore, senza cercare una buona ragione per evitare di farlo, e lasciava che questo le si diffondesse attorno come una vera e propria aura. Non la si poteva biasimare: zuppa, infreddolita, reduce da un paio di tirate d’orecchi da qualcuno che avrebbe considerato meno che una pezza da piedi, con una voglia pazzesca di stringere tra le mani una tazza calda e, perché no, farsi coccolare alla strega di una gattina dal padrone di casa. Innegabile era le piacesse parecchio starsene accoccolata su di lui, magari sul divano, a guardare un film di serie Z accompagnato da una quantità industriali di cibo spazzatura, risate sincere e carezze fresche. Se lo concedeva poche volte e non vedeva motivo per cui privarsene completamente. Entrambi sapevano si sarebbero concessi molto, senza finire ingabbiati in questioni che avrebbero fatto venire la pelle d’oca sia a lei che a lui.
Sostanzialmente la teoria del momento era ‘più veloce metto un piede davanti all’altro, prima arriverò a casa e dimenticherò quest’orrida giornata’ e così camminava a passo spedito, scandagliando soprattutto con l’udito il circondario, per una semplice questione di paranoica abitudine e non perché temesse un agguato, o chissà che altro. Nessuno la conosceva per ciò che era davvero: chi vedeva in lei Ambrosine non sapeva nulla della sua vita da mercenaria e viceversa. L’unico che la conosceva davvero era Raven, ma di lui era arrivata a fidarsi. Sentì subito il rumore di passi che si indirizzava verso di lei, per il semplice fatto che non essendoci nessuno in giro tale suono le giunse allo orecchie chiaro e subito distinguibile. Molti tendono a considerare l’udito come uno dei sensi meno importanti, preferendogli la vista, senza sapere che se ben affinato poteva essere la discriminante tra un incontro vinto ed uno perso. Inutile dire le avessero fatto imparare questo concetto a proprie spese. Tirò su il viso ed uno sguardo dopo, vide quello che sembrava un gigante stagliarsi a qualche metro da lei. Probabilmente sul metro e novanta, visto da qualche metro di distanza, sembrava un lottatore od un giocatore di rugby, dalla stazza che aveva. Si sentì gli altrui occhi addosso e cancellò dalla mente la possibilità non fosse lei la destinataria delle attenzioni del bestione. Poteva guardarla quanto gli pareva, aveva fatto la ballerina in un night ed era abituata a sopportare di occhiate peggiori, e non lo avrebbe comunque degnato della minima attenzione, se non le avesse sbarrato la strada. Si fermò un attimo prima di collidere col suo petto ampio impacchettato in un’impermeabile color cachi. Nemmeno s’accorse che, data la vicinanza, era finita sotto il suo ombrello e non c’era più una sola goccia ad importunarla. Rabbrividì, fregandosene se l’altro se ne fosse accorto, alzando il viso a scrutarlo dritto negli occhi. Non era il volto di una ragazzina spaurita quello che lo fronteggio, bensì quello di una donna ben piazzata sulle proprie convinzioni e di un umore davvero, davvero pessimo. Ogni dettaglio in lei glielo stava facendo presente, come a volerlo avvertire prima potesse accadere qualcosa di cui rammaricarsi in seguito. Da circa una ventina di centimetri più in basso -le sue stime sull’altrui altezza non erano state sbagliate-, si ritrovò ad osservare il viso di un uomo che, per le cicatrici che portava, doveva averne viste parecchie nella sua vita. Ringraziava le proprie non fossero in vista. Un particolare che le saltò subito all’occhio furono i capelli quasi candidi che gli incorniciavano un viso dai tratti decisi, spiccatamente mascolini, proprio come tutto il resto del corpo. Ci scommetteva che era anche dotato di una muscolatura di tutto rispetto, sotto gli abiti. Cosa non si poteva capire dal volto di una persona… Ad ogni modo, si fosse anche ritrovata davanti Mister Universo o la Regina Elisabetta non le sarebbe potuto fregare di meno, per cui i suoi bei lineamenti non si mossero di una virgola per modificare l’espressione tutt’altro che felice che li tirava. “No.” Fu tutto ciò che gli rispose, in tono basso e neutro, facendo svanire l’immobilità che l’aveva fatta vittima per circa un paio di minuti. Si spostò di lato, lo superò e ritornò sotto l’acqua, incurante della possibilità il tizio potesse seguirla, riprendendo il suo cammino verso casa. Stare ferma, anche se per poco, l’aveva infreddolita ancor più e figlio di un riflesso condizionato, fu il portarsi le mani a stringere le braccia, come se in quel modo potesse trovare un po’ di calore. Servì praticamente a niente, se non a darle ancor più l’aria di una ragazzina scappata di casa. Poco male, di quel che potevano pensare perfetti sconosciuto non le era mai importato nemmeno un po’. Ci provassero, poi, a tentare di infastidirla o di giocarle qualche brutto scherzetto, avrebbe accolto i novelli impertinenti nel modo migliore. Secondo il suo personalissimo e perverso punto di vista, però.
Perdona l'eventuale presenza di errori, non ho proprio la testa per rileggere tutto @.@

 
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//Geralt
view post Posted on 19/7/2011, 12:23




Eccomiiiiiiiiiiii!!!


“No un bel paio di palle”

Essendo a conoscenza del passato della giovane, cioè avendo un minimo di riassunto sul suo background, quel comportamento non l'aveva più di tanto spiazzato. Guardare quella ragazzina zuppa di pioggia era come guardare un animale selvatico. Apparentemente le sue opzioni di fronte ad un ostacolo più o meno pericoloso erano due: scappare o affrontare il nemico. Lei aveva scelto la prima, scavalcandolo e tentando la fuga con la bugia più semplice e diretta del mondo. Doveva proprio essere abituata a questo tipo di incontri, magari con spacciatori o clienti del bar. O clienti che fermavano i macchinoni al bordo dei marciapiedi.

Non si fece impietosire da quell'esserino infreddolito, né dalle mani che stringevano le braccia per proteggersi inutilmente; quel look da ragazzina scappata di casa traeva in inganno circa la totalià delle brave persone, soprattutto a causa dell'influenza di film strappalacrime, roba alla Pretty woman, se non peggio. Per carità, le intenzioni sono sempre buone, solo che bisogna un attimo pensare che se quei casi umanitari sono dove sono, un motivo ci dovrà pur essere, e se si arriva a considerare questo punto, sarebbe meglio non essere così ingenui da credere che sarai tu, proprio tu, la persona che salverà quel piccolo pulcino da una vita di merda.

Belle, le buone intenzioni. Belle e pericolose.
Ma non era quello il momento di filosofeggiare. Si voltò e allungò la mano per afferrare un braccio della fuggiasca.

Poche storie, Jessye. Dimmi cosa passa per la testa a te e alla tua amichetta e ti lascio in pace. E niente balle.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 10/8/2011, 19:03




La testardaggine di certe persone diventava oltremodo noiosa, nonché insopportabile. Non accettavano una risposta diversa da quella che speravano e, se non gli fosse stata fornita rischiavano anche di diventare molesti. Proprio come l’omaccione che, evidentemente, l’aveva scambiata per qualcun’altra e non voleva prenderne coscienza. Quale parte di ‘no’ ti è oscura, stupido energumeno? Pensò, facendo ben attenzione a non proferire parola, consapevole che tornare a casa mezza morta per essersi scazzottata con uno sconosciuto troppo insistente le avrebbe fatto veramente fare la figura dell’adolescente completamente incapace di controllare i propri istinti.
Quel contatto indesiderato, proprio quando stava riprendendo il proprio cammino verso un luogo caldo ed asciutto, le diede enormemente fastidio. Proprio come i felini, era meglio non toccarla se non lo voleva ed in quel momento desiderava solo andarsene via di lì. Velocemente. La infastidiva ancor più non aver fatto caso al fatto che il tizio l’avesse seguita per quell’unico passo che gli permise di prenderla per un braccio. Sentì il tocco caldo sulla stoffa fradicia ed utilizzò la forza che lui impiegò nell’intento di trattenerla per voltarsi a fronteggiarlo. Occhi di brace, al limite dell’ira lo scrutavano ad un palmo dal naso. Di nuovo sotto il suo ombrello, di nuovo a rabbrividire per via dell’aria fredda e di nuovo a proferire parole sibilate. “Ambrosine, imbecille, mi chiamo Ambrosine!” il tizio non le piaceva, ma qualcosa nei suoi occhi le diceva ch’era fin troppo convinto di sé per ponderare anche solo l’eventualità di aver commesso un errore di riconoscimento. Forse quell’insulto gratuito era stato un poco eccessivo, ma era proprio la giornata sbagliata per preoccuparsi della sensibilità di uno scimmione incontrato per strada. Si liberò dalla sua presa con malagrazia e, tanto per dimostrargli che non stava mentendo, prese a frugare dentro la borsa che aveva appesa ad una spalla e trovò quello che stava cercando. Stava in una delle tasche interne, di quelle senza zip con accanto una gemella più piccola per il cellulare. Ne estrasse qualcosa di piccolo e piatto, completamente innocuo ed all’apparenza nuovo di zecca, nella sua custodia trasparente che lo proteggeva da intemperie e stropicciamenti di varia natura. Cos’era? Probabilmente una lama ben camuffata o qualche altro giocattolino pericoloso… Sbagliato, semplicemente la carta di identità! Gliela spinse fin sotto il naso, tenendola tra aperta con indice e medio ed il pollice della destra, dietro a far da supporto. Gli diede qualche attimo per mettere a fuoco quel che c’era scritto –Ambrosine Phylle, età 23, nata ad Anderville, residente in una delle vie meno altolocate della città, professione cameriera, stato libero. “Adesso sei contento? Non so chi sia questa tua Jessye e di certo non sono io, te ne sto dando prova. Adesso lasciami in pace oppure chiamo la polizia, stronzo.” Ecco, un altro bell’epiteto sfuggito al controllo. A sua difesa poteva dire che lo sconosciuto se l’era andata proprio a cercare. S’accorse, mentre ritirava il documento, d’avere le punte delle dita talmente arrossate che a momenti avrebbero virato ad un bel color violaceo, oltre che sulla via di perdere sensibilità. Dio, era così impensabile chiedere che la sfortuna smettesse di perseguitarla, quel giorno? Per la seconda volta, speranzosa la minaccia di chiamare le forse dell’ordine fosse stata più che sufficiente, gli diede le spalle e s’incamminò a passo ben sostenuto verso dove voleva andare. Non che avesse bisogno dell’aiuto della polizia, ma si conosceva abbastanza bene per sapere che non era il caso facesse a botta quand’era di pessimo umore. Finiva sempre peggio di quanto non finisse quando era calma e rilassata. Tenne i sensi ben all’erta, questa volta, preparandosi ad ogni evenienza. Chissà chi poteva nascondersi dietro quella massa di capelli quasi bianchi e quella testa di ca… cavolo.
Midnight, datti una controllata!

Scusa il ritardo ed il post orrido >.<

 
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//Geralt
view post Posted on 18/8/2011, 13:53




CITAZIONE
Scusa il ritardo ed il post orrido >.<

Ti quoto XD


Quell'”imbecille” gli stette sui cosiddetti ma per fortuna era abituato a complimenti peggiori quindi si limitò a lanciarle la solita occhiata severa di chi non ama essere insultato. La cosa che più lo sorprese fu l'ira funesta che lesse negli occhi della ragazzina: possibile che una bimbetta così giovane avesse tanta di quella rabbia in corpo? Diamine, pareva che lo dovesse incenerire da un momento all'altro... E quanta forza in quelle braccine! Sembrava proprio una psicopatica in piena regola, almeno così indica ciò che il cacciatore aveva notato fino adesso in quel caratterino. Ovviamente non poteva pronunciarsi su niente, ognuno aveva il passato che aveva, e dalla prima impressione che gli era giunta non c'era da stupirsi se le fosse davvero mancata qualche rotella. Decise quindi di andarci cauto; non temeva particolarmente il genere umano, soprattutto se non addestrato al combattimento, ma ogni persona poteva avere quello schizzo di pazzia fulminea che rendeva imprevedibili le sue azioni, e l'ultima cosa che voleva era ritrovarsi con un inaspettato coltello piantato nel collo.

“Che abbia una doppia personalità?” si chiese seccato.

Lasciò che si liberasse dalla sua presa e non insistette su altri contatti fisici ma col cavolo che l'avrebbe lasciata andare, malata mentale o meno. Anzi, se era fuori di testa avrebbe compiuto un atto di carità a toglierla dalla strada mandandola in un centro specializzato, possibilmente con quelle camicette tanto carine che tenevano ferme le braccia. La ragazza non andò avanti, stette lì sotto il suo ombrello e afferrò la borsa, al che Geralt fece istintivamente un passo indietro temendo chissà quale arma a distruzione di massa. Un taser o uno spray al peperoncino sarebbero stati una vista più che normale, ma la sua mente già ingarbugliata con pronostici da schizofrenica si stava immaginando di peggio. Una lista di cui l'arma meno pericolosa risultava essere una Magnum calibro 38. Invece dalla magica borsetta uscì l'insospettabile e forse il più logico e ragionevole degli oggetti sempre presenti nelle borse delle signorine e nei portafogli dei signori: una carta d'identità. Studiò prima lei, per accertarsi che non sfruttasse quel momento di osservazione del documento per tirare fuori il coltello precedentemente immaginato, e poi la carta d'identità.

In apparenza sembrava vera, la foto combaciava anche se l'acconciatura e la pulizia del viso la rendevano quasi un'altra persona. Eppure la grande somiglianza con Jessye c'era tutta, e, visto che lui stesso ammetteva di non avere una foto perfetta dell'indiziata, decise che per lui quella rimaneva ancora Jessye Felton. Ma dato che la tattica del sbatterle in faccia la verità non aveva funzionato, pensò di usare l'altra. Perciò quando la ragazza gli diede le spalle e fece per andarsene, la richiamò con voce abbastanza alta da farsi sentire.

Aspetti. Qualche istante di pausa per vedere se si fermava o meno, e poi continuò comunque, muovendo dei passi in avanti se la tizia avesse tirato dritto per la sua strada. Le chiedo scusa per le mie accuse e per il mio comportamento. Quando mi metto in testa una cosa è piuttosto difficile farmi cambiare idea.
Non c'era alcun tono di scusa nelle sue parole, né un sorriso sulle sue labbra, solo l'intonazione di un uomo che stava riconoscendo di aver sbagliato e voleva mettere le cose in chiaro per non avere a che dire in futuro. Sospirò, seccato di quello che stava per proporre.
Senta, non sono solito fare di queste proposte a gente che non conosco, ma... se vuole posso darle un passaggio fino a casa. O almeno prestarle l'ombrello; le lascio il biglietto da visita e mi chiama quando avrà tempo per ridarmelo. Perché recita o non recita, quello che era suo era suo e basta, sebbene ci facesse la figura del tirchio.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 19/8/2011, 15:27




Midnight era ossessionata dai dettagli: quelle cose piccole, all’apparenza insignificanti che il più delle volte nessuno notava e che, pochi sapevano, potevano essere in grado di salvarti la pelle. Ne era sempre stata convinta, diventare mercenaria di professione glielo aveva solo confermato. Ecco che, allora, non s’era fatta scappare la latente ritrosia dell’uomo quando aveva preso a frugare nella propria borsa alla ricerca della carta d’identità, nè l’occhiata che diede prima a lei e poi al documento come se pensasse quello poteva essere solo un diversivo per tentare di lasciarlo stecchito al suolo. Strano fosse così attento: doveva sapere il fatto suo, od aver imparato dalla vita che anche il più angelico dei volti poteva nascondere una vipera pronta ad azzannare e non solo per il gusto di farlo, quanto per quello di uccidere. Da quel che aveva visto, sotto l’impermeabile c’era un fisico possente, probabilmente muscoloso e quindi allenato. Non aveva provato strane sensazioni -escluso, ovviamente, l’enorme fastidio di starsene sotto l’acqua- e poteva darsi fosse del tutto umano, se non qualche creatura con ben poche intenzioni di rivelarsi. Poco le importava cosa fosse, mentre s’affrettava sotto l’incessante scrosciare della pioggia voleva convincersi l’altro avrebbe desistito, tornando sulla propria strada e lasciandola in pace. Poteva mai accadere? No, ovvio che no. Doveva essere una giornata pessima fino in fondo e cosa poteva essere meglio di una cortesia stomachevole, per altro falsa, che le arrivava dalla versione palestrata di Babbo Natale? Era anche passato a darle del lei, smettendola con quel tono estremamente confidenziale alla ‘siamo amici, sii ragionevole non fare cose di cui entrambi potremmo pentirci’. Quasi ci avrebbe creduto se solo, mollandogli un’occhiata senza fermare il proprio passo spedito, lo avesse visto sorridere o tentare di farlo. Non gliene fregava niente che si bagnasse o potesse chiamare la polizia, probabilmente di testa ancora non s’era tolto non fosse chi lui credeva e voleva starle attaccato ancora un po’! Fu troppo, più di quanto la sua pazienza usurata potesse sopportare e l’impellente impressione il viso le stese andando a fuoco le fece comprendere c’era qualcosa che non andava. Ciò che la demone intuì solamente fu il mutare dell’aspetto, o meglio di un dettaglio di esso: le iridi, normalmente di un caldo e profondo color nocciola, avevano preso la tonalità della brace bollente risplendendo come fiammelle di una candela accesa nell’oscurità. Dentro di lei un nucleo di energia si caricava di forza, andando ad influenzare particelle di materia, l’aria parve sfrigolare per qualche attimo, come attraversata da corrente elettrica e… Si sentì avvampare ed un’incontrollata saetta del proprio potere le sfuggì e mandò in mille pezzi un sacchetto della pattumiera a qualche metro dalla donna. Ciò che non si potè vedere furono le particelle di cui quello era composto venire caricate di energia a tal punto da esplodere. Sobbalzò, spaventata, sgranando gli occhi. No, dannazione, no! Non di nuovo! Doveva andarsene prima il tizio si rivelasse qualcuno di abbastanza pericoloso ed ascoltando, una volta tanto, il proprio istinto di sopravvivenza non lo degnò nemmeno di una risposta, semplicemente con uno scatto improvviso prese a correre senza vedere la direzione che prendeva.
Allontanarsi era la priorità, non aveva intenzione di scoprire se l’altro avesse intravisto o meno quel cambiamento nei suoi occhi e se avesse attribuito a lei quello strano fenomeno. Col cuore in gola, spaventata per via di quello che aveva appena fatto e che non era ancora capace di controllare, serpeggiava tra cassonetti e rari ubriachi che le tagliavano la strada. Ricordò la brutta esperienza con Colton, mesi prima, e di nuovo si sentì come un leprotto in trappola. Questa volta non avrebbe cercato di lanciarsi tra le braccia della Nera Signora, ma temeva di aver buone possibilità di finirci: pioveva e, come anche i bambini sanno, acqua e fuoco non erano mai andati abbastanza d’accordo da riuscire a coesistere.
CITAZIONE
Manipolazione velocità molecolare: questo potere permette di modificare, in aumento od in diminuzione, la velocità di spostamento delle particelle che compongono qualsiasi oggetto, ottenendo così due risultati differenti: se usato come accelerazione il potere crea una tale energia all’interno delle molecole dell’oggetto da causarne l’esplosione, mentre se usato come inibizione il movimento delle particelle viene rallentato a tal punto da fermare il movimento dell’oggetto lungo la propria traiettoria. L’oggetto deve trovarsi in un raggio massimo di tre metri avendo come fulcro il punto in cui si trova la demone. Attivazione tramite comando mentale + gesto delle mani della demone. [Durata tre turni]
NB: questo potere può essere utilizzato solo ed esclusivamente sugli oggetti e non sugli esseri viventi.



Edited by Midnight_Rose - 20/8/2011, 15:11
 
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//Geralt
view post Posted on 20/8/2011, 11:24




Perché quando uno tentava di fare il carino, gli altri si incazzavano? Oh, aspetta... No, quello non era il suo caso, lui stava solo fingendo senza troppa passione recitativa. Immedesimandosi molto brevemente nei panni della ragazza si disse che sì, un tantinello irritato si sarebbe sentito pure lui in una situazione come quella. Però al suo posto lui avrebbe accettato l'ombrello e se ne sarebbe andato senza voltarsi indietro. Magari spaccando in mille pezzi l'oggetto appena arrivato a casa. Così, per principio. Lei invece lo guardò con occhi di fuoco. Letteralmente.

“Oh cazzo”

Si era aspettato un mannaro femmina in piena crisi di astinenza e si ritrovava invece con... Beh, al momento non aveva granché idea di cosa aveva davanti, occhi rossi fiammeggianti erano piuttosto di moda nel mondo soprannaturale. Non riuscì comunque a trattenersi: si fermò di botto e fissò sorpreso e allarmato quelle orbite che in un attimo avevano perso la loro natura umana. Sembrò che il tempo si fermasse, che le gocce di pioggia rimanessero sospese a mezz'aria, che tutto l'ambiente che li circondava fosse solo un cupo mondo e che quelle due piccole fiamme la sola luce vera in mezzo ad una nebbia immaginaria. Oppure era solo il suo stomaco che gli mandava segnali contraddittori, chi lo sa; sta di fatto che il momento poeticamente horror venne spezzato da qualcosa di molto più concreto che luci e ombre su cui filosofeggiare: percepì una qualche sorta di “energia” attorno a lei poiché le aveva camminato dietro e le era vicino, e poi un rumore a pochi metri attirò la sua attenzione su un sacchetto della pattumiera con un sogno appena realizzato di kamikaze.

Se non era soprannaturale quello... Il tempo aveva ripreso a scorrere come Dio comandava e si diede dello stupido per aver girato la testa verso quella piccola esplosione. Voltatosi verso la donna, ne vide la schiena allontanarsi di tutta fretta. La pattumiera era stata solo una fottuta distrazione e lui c'era cascato in pieno! Grugnendo una mezza imprecazione, strinse i denti e cominciò l'inseguimento gettando l'ombrello. Non si sprecò neanche a dire cose come “Ferma! Voglio solo parlare!”, sarebbe stato piuttosto inutile visto il soggetto. Si chiese invece chi fosse in realtà Jessye Felton e cosa diavolo avesse in mente.

CITAZIONE
Riconoscimento delle creature:
altra conoscenza teorico-pratica. Grazie a questa abilità il cacciatore è in grado di riconoscere la natura di chi ha davanti, dopo un’analisi non solo di tipo fisico ma anche caratteriale, soppesando bene i dettagli e gli elementi che ad altri potrebbero passare inosservati. NB: non è una cosa semplice capire con chi si ha a che fare, quindi anche qui evitate il powerplay con uscite del genere “vede un demone della flora e lo riconosce seduta stante". Per riconoscere una creatura e notare i dettagli ci vogliono numerosi post, inoltre ricordate anche che quelle del vostro cacciatore inizialmente sono supposizioni e che la certezza si avrà solo quando la creatura che ha davanti si svelerà.
Abilità passiva

 
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Midnight_Rose
view post Posted on 20/8/2011, 15:06




Si sarebbe potuto dire avesse il diavolo alle calcagna dal modo in cui correva, fregandosene altamente della pioggia, del freddo entratole nelle ossa e di tutto ciò che non fosse allontanarsi il più in fretta possibile dal possibile albino e dal suo sguardo indagatore. Scappare era stato un errore, un grave errore, lei avrebbe dovuto saperlo, ma l’istinto aveva avuto la meglio soprattutto perché accompagnato dallo spavento arrivato dopo l’esplosione del sacchetto dell’immondizia. Era come ammettere di essere, in qualche modo in colpa, come mettere su un bel cartello con su scritto ‘sì, avevi ragione ho qualcosa da nascondere ed è anche bello grosso’ indirizzato al tizio che, dal rumore di passi concitati sentiva dietro di sé, si era messo al suo inseguimento. Maledizione! Ad un comunissimo umano sarebbe bastata la mezza visione dei suoi occhi per voltarsi verso la direzione opposta a quella che stava prendendo lei e non volerla più vedere, invece il tizio aveva deciso di seguirla. Probabilmente era solo stupido, magari uno di quegli osservatori tutti zucchero e vaniglia finchè non li si faceva arrabbiare. Il suo cervello le mandò, limpida come fosse reale, il volto di Colton. Se le fosse andata male, però, quello poteva essere un cacciatore ed allora la demone era proprio in guai seri. Finchè si fosse tenuta a debita distanza avrebbe potuto non preoccuparsi di chi, o cosa, fosse. Sicuro non gli avrebbe dato la soddisfazione di metterle le mani addosso, Satana solo sapeva cosa passava di mente a quegli esaltati che si credevano i paladini della Terra, in dovere di ripulirla da quanti non rientravano nella classificazione di umani.
Continuò a correre a perdifiato, svoltando ora a destra, ora a sinistra, passando sotto fili da bucato vecchi e consunti, davanti a sudice vetrine di locali di pessimo gusto, accanto a cenciosi senzatetto accostati alle pareti dei caseggiati per ripararsi come possibile dall’incessante pioggia, dovendosi improvvisamente bloccare essendo finita in un vicolo cieco. Si voltò, guardando alle proprie spalle, sapendo non doveva essere lontano visto sentiva ancora il suono dei suoi passi. Il cuore le rombava nelle orecchie, la paura mista alla sensazione di essere una preda le stringeva la gola e per un attimo sentì il panico tentare di assalirla: cosa diavolo stava facendo? Perché si lasciava prendere e sbatacchiare, in quel modo, dagli eventi. Guardandosi attorno con una certa urgenza, notò una porta socchiusa alla propria destra, un’altra alla sinistra che però appariva ben chiusa ed un cancello chiuso, incastonato nel muro come un’opaca pietra di poco valore in un gioiello di cattivo gusto, che aveva segnato la fine della sua corsa. Le scelte, a quel punto erano due: restar volontariamente con le spalle al muro ad aspettare l’uomo nero, oppure trovare un diversivo. Rendergli la caccia difficile. Imboccò la porta socchiusa, ritrovandosi nella penombra di un locale enorme: colonnati grezzi e spessi svettavano tra tende fatte di strisce spesse di plastica semitrasparente. Appesi ai muri, qui e là, ganci di quelli che avrebbero potuto reggere un bue intero e tavoli in alluminio abbastanza grandi da poterci stendere due persone affiancate. Una luce fioca, bluastra, fredda di lampade di sicurezza a led rifletteva su piastrelle candide come la neve. Pulite, forse troppo per trovarsi in un quartiere come quello. Ah, beneamati cliché! Era finita dentro quello che sembrava un mattatoio in piena regola, peccato mancassero coltellacci di ogni sorta in bella mostra. Qualcuno doveva aver avuto la creanza di tenerli al sicuro, forse sapendo la porta d’ingresso -probabilmente posteriore- veniva dimenticata aperta molto frequentemente. Mosse qualche passo all’interno, non dovendo attendere che qualche frazione di secondo perché i suoi occhi si abituassero a quella semioscurità. S’inoltrò sempre più, producendo rumori di passi quasi inesistenti, non fosse stato per un leggero scricchiolare delle sue suole in gomma sul pavimento tirato a lucido di recente, cercando di sfruttare ogni zona d’ombra per rendersi il meno visibile possibile. L’udito, insieme a tutti gli altri sensi, era tenuto ben vigile, così da non poter essere sorpresa.
Quasi non se n’era resa conto: s’era calmata, ragionando a mente fredda, riuscendo a trovare la soluzione migliore per una situazione che non appariva a suo favore. Respirava regolarmente e sebbene l’impressione d’essere la preda di turno non fosse svanita, era stata mitigata da una concentrazione degna di nota. Non aveva ancora nulla da temere, inventarsi qualcosa e tentare di giocare qualche carta a sorpresa le avrebbe sicuramente salvato la pelle. L’aveva fatto tante volte.
 
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//Geralt
view post Posted on 3/9/2011, 16:46




Superò tutti gli ostacoli che gli si presentarono davanti, sopportando la pioggia che gli sferzava il viso e tentando con poco successo di non perdere di vista l'indiziata numero uno della sua indagine. Jessye aveva energie da vendere, di qualunque razza fosse; non si fermava un attimo e soltanto all'inizio della corsa era riuscito a tenerla sott'occhio, ma la distanza era troppa e lei forse aveva una mezza idee di come muoversi in quei posti, o forse era semplicemente più veloce di lui, fatto stava che presto l'aveva persa e riusciva a seguirla solo grazie al ritmico rumore delle scarpe. Nulla comunque aveva intralciato l'inseguimento, la pioggia invitata le persone a stare in casa e fuori non c'era un cane a parte poveri disperati ai lati della strada. Perciò fu una corsetta all'ultimo respiro ma relativamente tranquilla e senza intoppi.

Fino ad un vicolo cieco. Aveva sentito che i passi si erano improvvisamente quietati, aveva ipotizzato una trappola o appunto un vicolo cieco; non si era aspettato la completa assenza della ragazza. Dov'era? Estraendo la pistola dalla fondina, controllò il proprio respiro affannato e si guardò cautamente attorno individuando le entrate e le uscite, osservando sia in basso che in alto, a destra e a sinistra: nulla da segnalare. C'era però una traccia: la porta semichiusa lasciava intravedere parte dell'interno, compreso il pezzo di pavimento con quella traccia sporca e bagnata di scarpa. Si avvicinò circospetto e con un calcio potente spalancò la porta facendola picchiare contro il muro. Entrò puntando la pistola attorno a sé. Pareva una macelleria stranamente pulita. Purtroppo non riuscì a individuare l'interruttore della luce, per cui tirò fuori la mini torcia; anche abituandosi al led bluastro, era meglio avere una sicurezza in più, non importava se sarebbe stato più visibile.

Aguzzò l'udito e tentò di sentire qualche suono, mentre si muoveva cauto, lento, ma senza stare fermo in uno stesso punto, aspettandosi un attacco. Durante la corsa aveva pensato che usare le parole giunti ad un punto morto sarebbe stata una buona mossa, senza grandi garanzie, certo, ma per i suoi scopi era necessario un approccio gentile. Ovviamente prima si sarebbe assicurato che la ragazza fosse inoffensiva.
 
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9 replies since 14/6/2011, 20:31   184 views
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