Anderville GDR

Le pessime abitudini non si perdono, mai.

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Midnight_Rose
view post Posted on 20/3/2012, 21:57




Luci: accecano, confondono, colorano.
Rumore: ossessivo, pulsante, stordente.
Corpi: si muovono, si strusciano, si toccano.
Sudore, cuori palpitanti, eccitazione, estasi.
Il luogo è talmente pieno da risultare oppressivo a chiunque soffra un minimo di claustrofobia, ma nessuno dei presenti sembra farvi caso. Metri e metri quadrati non sono sufficienti a contenere un gran numero di persone con un solo obiettivo: divertirsi e lasciare da parte la propria vita, almeno per poche ore. La notte è giovane, al pari dei clienti del NeverMind. Entrarvi è come mettere piede in un universo parallelo. Superata una fila interminabile all'ingresso, si viene accolti da una distesa immensa di tavolini e poltroncine, poggiapiedi e divanetti, velati dei più delicati tendaggi per regalare agli avventori l'illusione si possa avere un poco di privacy. Oltre questi, che circondano tutta l'enorme ed unica sala a pianta circolare, la pista da ballo. Uno spazio delineato solo dai corpi degli avventori, con disseminati qui e là gabbie, cubi, pali da pole dance e corde che pendono da un controsoffitto precluso alla vista da veli purpurei. A destra di questo il bancone ed alle sue spalle un palco su cui si esibiscono i più strani artisti, caratterizzati dal gusto per il macabro e per l'eccesso. In un angolo, frontale al bancone, una piccola scala a chiocciola porta al piano superiore, dove una decina di stanzette insonorizzate divengono il punto d'incontro di perversioni e manie. Meglio non salire con uno conosciuto. Ciò che succede al NeverMind, rimane al NeverMind, recita un cartello che si legge entrandovi. È un locale i più definiscono trasgressivo e quella del momento è la serata fetish per eccellenza. In ogni dove s'intravedono corpi fasciati di pvc, pelle e catsuite fantasiose, in cui il nero predomina, seguito dal rosso e dal bianco ed accompagnato da un lampeggiare di tonalità fluo che vanno dal rosa al giallo, dal verde all'azzurro, dall'arancione al lilla. Nessuno lì fa caso ai colori, tutti si preoccupano di trovare la preda od il cacciatore che rispecchi i nascosti desideri, di dimostrare a se stessi ed agli altri chissà quali indicibili capacità. Infine, c'è chi usa la sceneggiatura a mo' di diversivo.
In un angolo abbastanza appartato da non essere disturbata dall'andirivieni della clientela e della musica assordante, Idunn sta seduta su di un divanetto rivestito di velluto, morbido e comodo, con accanto due splendide fanciulle: l'una dai capelli color del grano che le arrivano alle spalle e l'altra dalla chioma color della notte che le sfiora i fianchi. Fisici esili, delicati, con forme abbozzate e tuttavia sensuali, denotano la parentela tra le due gattine. Sono identiche, in tutto e per tutto, fatta eccezione per la capigliatura. Vent'anni ciascuna. Due splendide gocce d'acqua vestite con minidress lucidi, aderenti e total black che se ne stanno acciambellate accanto all'elementale, con la testa poggiata sulle spalle di lei che le tiene al guinzaglio -letteralmente. La mistress, invece, porta un completo bustino-pantalone di pelle scura con piccole borchiette bombate in argento a fare d'abbellimento ed un paio di vertiginose décolleté in tinta, che la slanciano di quindici centimetri buoni. Gli unici accessori sono un guanto al gomito in pizzo portato al solo braccio destro ed un frustino abbandonato sulle cosce. I tratti del viso sono messi in risalto da un trucco prepotente, argento e nero sulle palpebre, rosso sangue sulle labbra e dai capelli raccolti in una coda alta. Davanti al trio un uomo alto, possente, con stravolgenti occhi di ghiaccio e ricci capelli castani, che non può fare a meno di sembrare un pesce fuor d'acqua. Abbigliato di pantaloni blu dal taglio fin troppo semplice e da un'aderente maglietta a girocollo, si guarda attorno con una punta di malcelato disgusto ed evidente insofferenza. Per la donna, per il luogo, per la musica? Forse per tutte queste cose assieme, o forse perchè in un simile locale qualsiasi azzardo risulterebbe molto, molto pericoloso -una folla di testimoni non è il massimo per chi vuole passare inosservato. Torce tra le mani un portachiavi e lancia occhiate furtive in ogni direzione, scattando col capo ogni volta che qualcuno s'avvicina troppo. Da' la netta impressione di essere più avvezzo alle armi che ad una location del genere. Non a caso la demone ha voluto vederlo lì ed in nessun altro luogo.
“Mi sembri nervoso. Posso farti portare qualcosa?”
“No.” asciutto, secco, parecchio scontroso, la scruta con occhi inquisitori cercando ostinatamente di non soffermarsi sulle due mezze nude.
“Non ti piacciono i convenevoli, oppure non gradisci la mia scelta?” un pizzico d'ironia nella voce sensuale e peccaminosa di lei, mentre gli indica con un gesto il locale, a cui fan coro le risate delicate delle ragazze.
“Sono qui per affari, te l'ho detto! Diamoci una mossa.”
“Va bene. Dimmi quello che sai.”
Esitazione, attenuata solo dal scivolare lento di una mano di Idunn dietro la schiena, recuperare qualcosa e poi posare sulle gambe -sopra il frustino- un'anonima busta bianca, sigillata.
“Sono i mi-...”
“Sssh, non essere sciocco.” lo zittisce con un'occhiata al vetriolo “Le mie bambine potrebbero preoccuparsi...” e nel dirlo carezza la bionda sul capo, dolcemente, scambiando con lei uno sguardo d'intesa.
“Allora perch-...”
“Quante domande! Se continui mi stuferò e non è mai buona cosa farmi stufare, sai?” velata minaccia. Nonostante il contegno esteriore, l'elementale freme per avere le informazioni che le servono.
Rassegnato, l'uccellino inizia a cantare. “Vogliono la tua testa e la vogliono al più presto. Non so cosa tu abbia fatto, ma ti sei messa contro un'organizzazione ben più potente di quanto immagini. Olaf era uno dei migliori, uno dei candidati al vertice ed aveva molte amicizie ai piani alti. Sanno cosa sei, sanno come fermarti ed hanno intenzione di farlo al più presto. Andranno a scavare nel tuo passato e-...”
“Io non ho un passato.” lo interrompe, algida.
“Come vuoi, ma troveranno il modo per arrivare da te e farti pentire delle tue scelte. Quelli che hai ricevuto fino ad oggi erano avvertimenti, spunti per conoscerti e trovare i tuoi punti deboli. Quando sapranno abbastanza agiranno e smetterai di fare tanto la sbruffona.”
“Tu dici?”
L'altro si alza, stizzito. Ha i pugni stretti e le braccia rigide allungate sui fianchi. È evidentemente abituato ad essere trattato con maggiore rispetto, ma a lei questo non interessa.
“Pagami, così posso andarmene.”
“Non mi hai detto chi sono.”
“Non hanno nome, si muovono nell'ombra e agiscono nel buio.”
“Ma davvero...? E tu come puoi conoscerli, allora?”
L'omone sta per perdere la pazienza , glielo si legge nel volto paonazzo e nel corpo teso. “Conosco molte cose e non devo dartene conto. Ti ho detto quel che dovevo, adesso pagami e fammi uscire da questo bordello!”
Senza più una parola gli allunga la busta, l'osserva afferrarla facendo ben attenzione ad evitare ogni contatto ed indirizzarsi verso l'uscita a passo svelto, il diavolo a mordergli le caviglie. Se ne va nell'esatto modo in cui è arrivato: in silenzio, scomparendo in un battito di ciglia. Per quel che la riguarda ha ottenuto poco e ha pagato parecchio, ma almeno ha avuto conferma che i recenti attacchi non sono causali. Con un sospiro s'appoggia allo schienale del divanetto e sussurra all'orecchio della mora di ordinarle da bere. Minuti dopo arriva un cameriere a torso nudo, un sorriso sornione stampato sulle labbra, a posare sul tavolino davanti al trio una bottiglia d'assenzio con annessi e connessi. Posa gli occhi su quel verde acceso, facendosi distrarre dal ritmo martellante della musica e dai prepotenti giochi di luce, mentre pensieri di diversa natura le affollano la mente. Scaccia presentimenti, impressioni e sentimenti. Le ragazze le accarezzano il corpo, servili e sottomesse, riuscendo ad allentare la tensione che s'è accumulata strisciando. Il volto è impassibile, con solo un vago accenno di delizia ad incresparle i lineamenti perchè quella è l'aspetto che deve avere. Una delle due le porta alla bocca il liquore d'erbe e l'elementare svuota il bicchiere d'un fiato, suscitando gridolini compiaciuti alle sorelle che sembrano aver trovato in lei quanto desiderato. Le si agitano accanto, piccoli felini in calore e fremono per avere la sua attenzione, al momento virata nuovamente verso pensieri più cupi e profondi.
Così giovani, così sciocche. Ho dovuto usarle, ho dovuto...
Nessuna delle due immagina la loro vita finirà di lì a poco, perchè hanno sentito cose che non devono essere udite. Da nessuno.
In attesa di .Sconosciuto.


Edited by Midnight_Rose - 20/3/2012, 23:37
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 20/3/2012, 23:10




Sono passati giorni, forse settimane da quando il moro ha visto per l'ultima volta lei, Idunn, la donna ch'è riuscita a farlo tanto stizzire da convincerlo a dedicarsi a fondo per del tempo ai suoi particolarissimi, delicatissimi affari. Prelevare persone per deportarle in una prigione di follia da lui creata, in fondo, si potrebbe dire un esempio delle sue prevalenti attività, ricercate col sangue, il sudore, la concessione, l'inganno. Perversioni e tormenti ha inflitto, nel pieno della sua rabbia, a giovani e meno giovani, uomini e donne in cui ha infine prevalso la paura, sentimento forte e puro, nutrimento del suo animo. Niente più amore che per pochi, niente più sconfitte, insulti, insinuazioni.
Tornando coi suoi nuovi servi s'è però prima soffermato nelle proprie camere, indugiando alla vista di un biglietto scritto a mano dalla calligrafia regolare che lo prega di venire a risolvere insidiose questioni, trovando la femmina e parlandole, ancora e di nuovo. Guardando l'appunto, una mano alla fronte, sospira non trovando la forza di rimandare quell'oneroso, infame compito che gli è capitato. Il suo cuore indurito è stanco, così come la sua figura esile piegata sulla scrivania, indecisa se mettersi al lavoro oppure no. Quando ripone il pezzo di carta l'annosa decisione è presa, pur di malavoglia. Questioni attendono, non si può permettere di trascorrere altro tempo in occupazioni più semplici e a lui congeniali.
Munito di indirizzo, decide di visitare non visto l'appartamento squallido a cui si reca, trovandolo vuoto della presenza dell'elementale. Visitandone in segreto le stanze trova preparativi, vestiti che indicano appena da come sono stati riposti del suo probabile spostamento ad una serata tutt'altro che di galà. Coi propri mezzi, in modi ai più sconosciuti, ci mette davvero poco a sapere dove trovarla senza ombra di dubbio.

Indossando la sua tenuta da battaglia in pelle e tessuto privata del metallo che solitamente la ricopre, abito che ha trovato fosse abbastanza congeniale al posto perchè passasse inosservato, supera a grandi passi la fila senza suscitare il minimo reclamo dei presenti che, grazie alla costante muraglia d'illusione tenuta alzata come un velo a mascherare la propria presenza, non lo vedono affatto per come dovrebbe essere. Gli occhi verdi si muovono velocemente alle guardie che oltrepassa, ognuna dotata di braccia dalla circonferenza della sua testa e vestita di nero, completa d'occhiali scuri. L'entrata nel luogo è semplice come il più facile dei trucchi di magia per il mago, e anch'egli, pur venendo chiamato piuttosto illusionista, ha le proprie carte vincenti nelle maniche, metaforiche o del vestito che siano.
Superati i controlli, l'interno lo accoglie con muri e leggeri veli che al suo invisibile passaggio oscillano, mossi dall'inspiegabile corrente di magia che crea. Fulcro di tante stranezze, vede femmine e maschi ballare discinti, busti nudi scoperti nella loro dolce oscenità e tute aderenti di materiali lucidi del tutto sconosciuti ai suoi occhi. Sangue, frustate e odore di sudore impregnano l'aria sconvolta dai forti rumori provenienti da quelle che riconosce come casse sonore, impianti di amplificazione di cui sa a grandi linee la funzione. L'idea di tutta quella confusione rallegra il suo animo torvo mentre si pone in un angolo per abbassare le proprie difese e svelarsi non oscurato, forse incuriosito dalle forme estatiche che lo circondano o forse convinto quell'ammasso caotico di umani e creature lo celerà in qualche modo agli occhi non sempre attenti della città.
Non suscita interesse nei presenti, occupati a ballare in pista, fintanto che il buio lo protegge ove si è ritirato in penombra, intento ad osservare, giudicare, catalogare quella deliziosa perdizione. Storia diversa, invece, quando inizia finalmente a muoversi attraverso la folla con la sua generosa altezza e le forme da giunco che lo caratterizzano, e che attirano sguardi interessati ai suoi modi, all'abbigliamento, alla compostezza che gli è nota. Il suo sguardo velato di serietà tenta e impaurisce, il cipiglio regale che l'accompagna sempre lo mette nei desideri altrui in breve tempo. Mentre si fa spazio verso il bancone, seguendo la traccia energetica che ha riconosciuto essere quella dell'elementale, viene vagamente infastidito dai contatti sconosciuti a cui è costretto, alle mani che lo toccano e tentano di aprire la lunga giacca in pelle, oppure di slacciare le lunghe strisce che gli fasciano le braccia, incrociandosi in un bizzarro decoro geometrico. Uomini e donne, alcuni belli e alcuni insignificanti, si avvicinano. Qualcuno gli offre da bere, altri commentano più o meno delicatamente, ma nessuno osa trascinarlo contro il suo volere, forse merito di un sesto senso riguardo al pericolo possa effettivamente rappresentare il moro.
La traccia che segue con maniere di cacciatore esperto, metodica elaborata dalla sua migliore guerriera, lo conduce oltre il banco degli alcolici verso un angolo appartato non dissimile da quello scelto prima per nascondersi. Puntiglioso, non può fare a meno di notare la gente che va e viene nel tragitto, squadrandola a fondo, cercando di intuire la motivazione al puro piacere che lì vige insperato, tra dolore e sensualità, aghi, catene e pali. Le mani ai fianchi, quasi interessato a ciò che avviene sul palco non troppo lontano, dimentica perfino l'emicrania che per il momento l'abbandona, forse allontanata dalla bizzarra scoperta di un posto in cui adepti del caos venerano il loro dio senza sapere esso sia presente a guardarli, per riceverli nelle loro follie. Osserva un ragazzo passare tra i tanti a passo di marcia, notandolo per il vestiario semplice, ma egli corre via tra la folla e l'illusionista non si dà pena a seguirlo, valutandolo poco importante ai suoi fini una volta arrivato quasi a destinazione.
Riesce a vedere l'elementale, di sbieco, e s'accosta al muro a cui è poggiato il divanetto che ospita due giovani fanciulle singolarmente legate alla donna per mezzo di collari, eculubrando sulla fantomatica motivazione a quelle dimostrazioni d'ubbidienza. Come due docili cuccioli, le ragazze si strusciano a Idunn suscitando la sua approvazione mentre attende, le braccia conserte e il penetrante sguardo puntato a loro per analizzare con discrezione i comportamenti di quel generale impegnato a indulgere prima d'avvicinarsi ancora un poco, piano, entrando a portata dei loro occhi. Pur con tanta musica, non ha bisogno d'urlare per farsi sentire.
Non sapevo comprare schiavi fosse un'attività ancora vigente in questo secolo. La sua voce, appena un sussurro, viene amplificata innaturalmente dall'illusione sonora che utilizza a proprio vantaggio. Adesso capisco la presenza di guardie all'entrata.
Non è cosciente, Thomas, di essersi espresso in modo del tutto inappropriato alla situazione, innocentemente ignaro delle strane deviazioni umane presenti nel ventunesimo secolo. Ancora più incoscente, si guarda attorno cercando un prezzo o un'esposizione, ponderando forse la merce sul palco sia tutta in vendita, dalla struttura a chi la occupa. Si tocca la fronte, laddove un'abrasione gli ha tolto la pelle, e storce il naso poco dopo, quando torna alla demone notando la capigliatura di uno smagliante platino appartenente ad una delle due accompagnatrici. Un taglio orizzontale, poco sotto l'occhio sinistro, ammicca all'attenzione dei presenti in quel breve gesto spontaneo. In piedi, le mani unghiate di nero che picchiettano impazienti sugli avambracci, rimane in attesa di esplicazioni ulteriori o anche solo gli venga offerto un posto a sedere.

CITAZIONE
Illusione: con questo potere Thomas riesce a creare un qualsiasi tipo di illusione verosimile, anche più di una alla volta se necessario e per tutto il tempo desideri. Inoltre nessuno può dissiparle contro la sua volontà, nemmeno con un oggetto magico od un potere, e non può essere ingannato da qualsiasi illusione di altra natura. Ciò gli permette di vedere chiaramente la realtà che vi si nasconde dietro.
Thomas può, con questo potere, creare anche delle illusioni che risultano reali a tutti gli effetti, ma solo se ciò riguarda esclusivamente l'ambiente (una scarpata, una montagna, una voragine, una stanza, un prato saranno percepibili come veri a tutti gli effetti rispetto ai diversi oggetti che vi possono essere all'interno, che restano delle illusioni "semplici").
[Passivo]

 
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Midnight_Rose
view post Posted on 21/3/2012, 12:06




Mina e Nina, rispettivamente la bionda e la mora, hanno trovato il giusto intrattenimento per distrarre la padrona da ciò che la porta lontano, sulla scia di chissà quali pensieri. Sono giovani, non particolarmente argute, ma molto sensibili ed hanno subito avvertito che, da dopo l’incontro con lo sconosciuto, c’è un velo di tensione in più. Sono diverse sere, ormai, che frequenta il NeverMind e da quando le ha fatte sue, le gemelle han colto ogni possibilità di starle tra le braccia, soddisfarne i capricci e concedersi a quelli di altri solo se concesso. Con strofinii, mormorii, risate cristalline, bicchieri d’assenzio svuotati troppo in fretta ed una gran dose di buona disposizione dell’interessata, sono riuscite a farla stendere appoggiata con la schiena al petto della prima che è intenta ad accarezza con riverenza e con la seconda che si diverte a sporcarle le labbra di zucchero, picchiettarle di liquore, aspettare la lingua passi a pulire i piccoli cristalli e poi ripetere l’operazione daccapo. Ogni movimento è un tintinnio metallico provocato dallo sfregamento degli anelli delle catene che le uniscono, effettivamente niente più che un orpello decorativo utile a chiarire i ruoli. Nina è tanto vicina che l’elementale riesce a sentire il suo respiro caldo sulla pelle del viso, eppure nell’aria un comando inespresso le intima di non andar oltre. Idunn legge nei suoi gesti l’acceso desiderio, la bruciante bramosia di chi vorrebbe osare, ma sa di non poterselo permettere finchè non gli verrà concesso. Ama percepire il sottile struggimento, l’eccitazione repressa, l’accontentarsi di poco pur di non ritrovarsi con niente e da sadica qual’è le risponde con un lezioso abbandono, gli occhi socchiusi e l’aria da gatto satollo, senza concederle nonostante le apparenze l’ulteriore confidenza che l’altra, come la sorella, agogna. Perché due donne e non due uomini? Potrebbe averli entrambi, in effetti, e li ha avuti. Uno schiocco di dita, et voilà, ne avrebbe ai piedi il sufficiente a saziare desideri per molti mesi a venire. La Fenice ha insegnato a Midnight che dalle delicate mani femminili si possono trarre piaceri che sono preclusi ai più esperti uomini, naturalmente mancanti della grazia di una signora ed Idunn lo sa poiché il suo corpo lo rammenta. Dunque ha ceduto alla tentazione, affatto costretta nei panni di una donna qualunque il cui ruolo è stato rifiutato definitivamente. Sguardi di ogni genere si posano sul trio e vengono bellamente ignorati. I delicati tendaggi velano appena i contorni dell’angolo appartato occupato e lasciano poco all’immaginazione, caricando l’atmosfera dell’aspettativa di chi vorrebbe unirsi e non può. Vibra nell’aria carica di odori acri -sudore, alcool, una delicata percezione di sangue- ed arriva al cervello come il più potente degli afrodisiaci. I voyeurs? Che ammirino, se vogliono, purchè non tocchino a meno che invitati. Tutto è concesso, certo, ma il rispetto della persona mai è dimenticato.
“Un uomo ci fissa, Padrona.” Mina sussurra, accostando le labbra all’orecchio della demone. Ha nel tono il compiacimento di chi apprezza essere ammirato e un velo di timore.
“Dunque? È diventato un problema?” le risponde ironica, memore di quanto spettacolo abbiano precedentemente dato, inclinando appena il capo in dietro per vedere gli occhi di lei ed alzando una mano per carezzarle il profilo in punta di dita. Ovviamente il suo sguardo rimane sulla bionda, che dopo il tocco distoglie l’attenzione dallo conosciuto a poca distanza.
“La nostra Padrona è bellissima, impossibile non guardarla.” Nina, la più ruffiana delle due, nel parlare si struscia contro il bustino di pelle, finendo con la testa poggiata sul petto d’una permissiva Idunn e leccando via un po’ di zucchero dalle dita rimaste sporche dall’ultima applicazione.
“E’… inquietante.” l’incertezza si fa strada nella giovane, ignara di chi stia guardando.
Allora l’elementale si decidere a volgere gli occhi castani oltre le corti purpuree che le separano dal resto della cloaca di corpi e suoni ed in parte, accostata al muro, ecco la nota stonata. Un uomo alto, fasciato d’abiti in pelle scura che se ne sta a braccia conserte fissandole con l’intenzione di capire, non di accendere fantasie peccaminose. Iridi color smeraldo, portamento altezzoso, fisico da fuso. Thomas. Quanto è passato dall’ultima volta che l’ha visto? Settimane. Se n’è stata ben alla larga da lui dal giorno in cui l’ha quasi ammazzata due volte nel giro di poche ore. È tornata al palazzo per brevi capatine, dimostrando a se stessa ed agli altri di voler tenere fede al patto stipulato, ma senza porre domande di sorta e senza ricevere indesiderate risposte. Trovarselo davanti in un simile posto la stupisce un poco, o forse no. Ha fatto ricerche durante l’assenza e… e quel che ne ha tratto le ha spiegato molto, intimandole maggior prudenza ed accortezza, nonché un pizzico di riverenza in più. Semmai ciò verrà mostrato è ancora da stabilire.
“Comprare schiavi?” domanda, un vago accenno divertito sulle labbra di sangue nel fargli intendere stia sbagliando “Qui non si compra niente, si donano semplicemente i propri desideri e se ne riceve la giusta ricompensa. La passione e la depravazione han il solo prezzo del biglietto d’entrata. Il resto è conseguenza di una scelta.” Non da’ segno di fastidio alla sua presenza, pare quasi le sia indifferente averlo lì. L’osserva con calma, notando come si guardi attorno alla ricerca di chissà che. Le viene spontaneo domandarsi se abbia mai messo piede in un locale del genere. Qualcosa la distrae: Mina freme alle sue spalle, in risposta della storta di naso che l’illusionista le ha indirizzato. Si fa più piccola, stringendosi alla Padrona che è improvvisamente diventata un porto sicuro in cui rifugiarsi e nascondersi da quello strano individuo. La sorella, accortasene, la tocca in uno scambio di sguardi silente e carico che riesce a rasserenare la bionda. “State tranquille, bambine, nulla vi sarà fatto.” Una promessa come quella, al NeverMind, vale più di un contratto firmato. Le gemelle si rilassano, l’una torna ad accarezzare la Padrona e l’altra a poggiarsi sul morbido petto florido di lei.
“Accomodati, Thomas, non restare lì in disparte. È un peccato non godere delle delizie di questo locale.” Con un lezioso gesto del braccio mancino gl’indica una poltroncina accanto al divano, proprio davanti al tavolino basso su cui sta posata la bottiglia d’assenzio a metà, il bicchierino, il cucchiaio e la zuccheriera. “Gradisci qualcosa da bere? Un’anima da torturare, un corpo da straziare?” Risate cristalline, graziose e frivole s’innalzano dalle sorelle che sembrano aver trovato estremamente divertente la cortese proposta fatta allo sconosciuto. Le giovani non sanno, però, che l’illusionista potrebbe intendere in modo forse troppo radicale le parole dell’elementale. Intende davvero ciò che ha detto, Idunn? Beh, ci sono sempre i piani superiori…
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 21/3/2012, 13:46




I gemelli sono oggetti di desiderio particolare per il moro intento a guardare le due deliziose fanciulle, cercando di sorpassare il fatto una delle due possegga la chioma di tonalità che a lui disturbano e mettono a disagio. Il fascino che sente nei loro confronti, la curiosità che lo spinge a guardare è tutta frutto del sottile, inscindibile legame di tali creature così perfette l'una con l'altra, due facce di una medaglia, due metà unite in un unico individuo che coincidono tra loro se non per lievi, lievissime differenze. Forse Thomas dalla sua, mentre si siede sul divanetto di fronte al loro come l'elementale lo invita a fare, si sente privato di un tale privilegio, mancante di una propria metà che sia definibile come tale e che invece possedeva in tempi inenarrabili in cui l'uomo a malapena esisteva di semplice vita. Dove si è perso suo fratello, in quali lidi dimorerà mai mentre lui se ne sta in terra implorando di ricevere vendetta? Le dita sottili si uniscono in grembo alle gambe accavallate, nella mirabile visione che lì davanti riesce a distrarlo dal pensiero di dimore d'oro, di terre in frutto e di fuochi sempre accesi, di notti stellate nella più magnifica delle maniere. Mai nel mondo s'è vista una stella brillare tanto, mentre là la notte si illumina di luci e sensazioni, suo riparo e dominio.
La sua anima estranea ai passatempi mortali si sorprende, nel dubbio, alle parole della donna. Un lieve inarcarsi di sopracciglia nel volto elegante porta a dimostrarlo all'esterno, mentre le labbra tremano leggermente e, di nuovo, si guarda attorno spaesato. Corpi ballano all'infuori delle lievi tende color granata e si, può sentirne l'ansimare, il toccarsi, il desiderare e morire dal farlo, affogati dalle passioni come in un liquore afrodisiaco, ma esita a credere a come tutto ciò sembri in qualche modo reale.
Voi fate questo, qui? le chiede in risposta alle sue domande con una punta di incredulità. Nessuno lo impedisce? Sarebbe come poter distruggere il mondo, per lui, senza proteste di sorta. Pazzesco, eppure fenomenale.
Preferisco servirmi d'altro, ti ringrazio... e tuttavia non ho mai visto o assaggiato il vostro bizzarro beveraggio prosegue poi, ricomponendo l'aria bizzarra che lo permea, rivolgendosi a Idunn. Abituato al riconoscere il solo colore bruno della birra e dell'idromele nelle mani dei suoi sottoposti e poco altro, non conosce affatto di cosa loro si riempiano i bicchieri, un liquido dal tenue color verde all'apparenza alcolico. Lo vede dalle guance arrossate degli astanti, lo sente come un lieve pizzicore che permea l'ambiente e gli punge il naso ma, ahilui, la sua debole costituzione non gli ha mai permesso di disporre dello stesso divertimento.
Come si chiama? Chiede, ancora interdetto. Gli occhi gli cadono sulle due, e la seconda spontanea domanda gli esce dalle labbra.
Loro sono tue senza averle acquistate o scambiate, è possibile? chiede ancora più ingenuamente che in precedenza, non capendo. Puntando l'indice destro, indica la mora dal viso sbarazzino. Toccarle è concesso? questiona di nuovo, come se gli fosse necessario comprovare ciò che vede al fine di liberarsi di visioni a lui nuove. Conosce i delicati, eleganti locali della città e le bettole deserte che invadono le strade più nere, eppure mai ha visitato un simile posto dove il cuore dell'uomo è tanto esposto al suo controllo, pregno di sinistra follia. Tutto lì dentro odora di maschere, ma non di inganni o di desideri taciuti e gli è impossibile conciliare le sensazioni contrastanti, ciò che vede e ciò che prova. E pure, ne è compiaciuto perchè lì potrebbe rivelarsi per ciò che veramente è senza nessuno abbia poi da ridire.
L'unico disagio è dato dai molti sguardi che si posano su di lui, forse qualcuno in più da quando è entrato nell'antro delle tre ragazze, cosa a cui non è affatto abituato a relazionarsi. Ricevere tante attenzioni senza la protezione delle sue solite maschere lo fa sentire sguarnito, quasi vulnerabile nonostante abbia tutta la protezione del caos che li circonda e della corruzione che lì alberga, sempre che quello sia il nome giusto per identificarla. Un fastidio fisico con cui non riesce a scendere a patti al momento, con quella sua aria severa e gli occhi penetranti allarmati che guardano e scorgono, cercando un segno dalla natura perversa di quel luogo e dai suoi abitanti.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 21/3/2012, 15:47




Thomas ha la stessa espressione di Alice, finita nel paese delle meraviglie, tra cappellai fuori di testa, regine rosse e bianche, conigli perennemente in ritardo. È quantomeno strano vedergli una simile espressione turbata, a metà tra il compiaciuto ed il dubbioso, miscelata all’austerità che lo caratterizza per un risultato buffo. Non c’è modo di definirlo diversamente. Sembra particolarmente attratto dalle sorelline che hanno reazioni differenti a lui: Mina è timorosa, affatto intenzionata a spostarsi dal cantuccio caldo in cui si è rintanata, con la demone a farle da scudo, mentre Nina, ben più temeraria e sfrontata della bionda, è curiosa, gli rivolge lo sguardo ammaliato di chi ha davanti un bellissimo animale selvaggio e gli sorride promettendo delizie. Ad un cenno della padrona le porge il bicchierino pieno all’orlo, il vetro improntato del rossetto vermiglio che le colora le labbra. Idunn sofferma lo sguardo sul verde, prima di rispondere. “Chi dovrebbe impedirlo? Sta forse accadendo qualcosa di male, senti grida straziate e lamenti struggenti? Hai forse l’impressione uno qualsiasi dei presenti voglia essere altrove? Qualunque cosa accada entro queste mura è una scelta. Se fai scorrere lo sguardo verso il palco scorgerai un uomo che si fa frustare fino a sanguinare e non gli vedrai mai altro che un sorriso compiaciuto sul volto dolorante. Accanto, una donna è legata, in completa balia del suo compagno che stringe i nodi. Entrambi bramano ciò che sta accadendo loro, come tutte le persone qui dentro, e nessuno osa più di quanto concesso. Anche questo mondo ha le sue regole.” Pacata, veste i panni della maestra paziente che spiega allo scolaretto tontolone i dettami della vita. Sorseggia piano il liquore, soppesandone con cura il gusto, il dolce dello zucchero e l’amaro dell’erba. “Questo?” ed alza il bicchierino a metà nel sottolineare la domanda. Le lunghe unghie laccate di vermiglio si stringono attorno al vetro con grazia, rubini sul verde smeraldo. “E’ assenzio. Un liquore di erbe particolarmente forte e dalla nomea tremenda. Si dice portasse gli antichi poeti verso la perdizione, il peccato, il diavolo che s’è insinuato nella notte dei tempi nell’animo di ogni uomo. Ne gradiresti un assaggio, visto non ne conosci il gusto?” L’ennesimo gesto della mancina e, qualche attimo dopo, compare lo stesso cameriere di prima dal sorriso sornione con una velocità sorprendente, dando l’impressione di passare il suo tempo ad attendere un cenno della dominante del trio. Ordinato un secondo bicchierino pulito, il giovane sparisce dando loro la schiena e mettendo in bella mostra il deretano fasciato da pantaloni tanto attillati da dare l’illusione di essergli stati cuciti addosso. Da un paio di sere Jay, il cameriere, tenta di catturare l’attenzione della donna senza riuscire ad ottenere altro che occhiate interessate, condite da quel pizzico di lascivia sufficiente a fargli credere di poter arrivare alla meta, pur senza arrivarci mai. Ha un fisico scolpito, un paio di occhioni nocciola che lo fanno assomigliare ad un cucciolo bisognoso, folti capelli corvini appena mossi, eppure… Troppo sottomesso per i gusti di colei che è centro delle sue attenzioni. Le permetterebbe di sottoporlo ad ogni sorta di tortura e non batterebbe ciglio, mentre l’animo femminile è più avvezzo a schiacciare testardi lottatori che timidi disertori. La vittoria deve essere l’apice di una battaglia all’ultimo sangue.
“Loro sono mie perché vogliono esserlo e lo sono solo in questo locale, al di fuori sono ciò che desiderano. Vero, bambine?” Entrambe annuiscono col sincrono tipico dei gemelli, senza la minima traccia di esitazione. La mora, vedendosi il dito dell’illusionista puntato contro, perde un poco della propria sicurezza e si stringe alla padrona. Lui la intimorisce, è ovvio. Per comunicarle va tutto bene, le poggia una mano sul capo e prende a carezzarla come si farebbe con un cucciolo impaurito. Potrebbe lasciarle alle cure di Thomas, pretendendo solo di stare ad osservare gli sviluppi della situazione -tanto se ne deve sbarazzare prima di rientrare a casa-, ma è tanto abituata a sistemare da sé i propri pasticci da preferire vedersela con calma ed in solitudine quando si sarà stufata di giocare alla gattona protettiva. “Le vuoi toccare? Avvicinati, constata tu stesso se loro sono disposte. Da parte mia non c’è alcun problema, ma ti avviso Mina e Nina non si separano mai. Se prendi una avrai anche l’altra e dovrei convincerle entrambe ad accettarti.” È l’unica regola che le sorelle impongono a chi decide di prenderle tra le proprie braccia. A parte questo sono il sogno di ogni dominatore: è come avere il sole e la luna a portata di mano e poterne godere fino in fondo. La mora continua a fissare affascinata l’uomo, indecisa sul permettergli o meno di avvicinarsi. Forse per distrarlo, forse per ingabbiare ancor più la sua attenzione, si volta verso l’elementale e le posa un bacio delicato sul collo scoperto. Infine gli lancia un’occhiata di traverso, il volto seminascosto tra le onde dei capelli mogano della di lei. La bionda, dal canto suo, ha un’espressione tesa che dice chiaramente non ha intenzione nemmeno di farsi sfiorare. Tiene le mani delicate sulle spalle femminili, lasciate scoperte dal bustino in pelle. Oltre la prima, seduta tra le gambe di Idunn che stanno una dal ginocchio alzato contro lo schienale del divanetto e l’altra puntellata sul pavimento -nell’esatto mezzo Nina sta accovacciata, praticamente semisdraiata sulla padrona-, c’è lo spazio sufficiente per un’altra persona che voglia star comoda e godersi da vicino dello spettacolo che le tre offrono. Intanto torna il cameriere, posa il bicchierino pulito sul tavolo, lo riempie con l’assenzio e scompare di malavoglia oltre i veli purpurei che rendono quell’angolo estremamente intimo. “Non ci sono trucchi nè inganni, è tutto semplicemente come lo vedi. La chiave dello scrigno è la domanda, ponila e ti verranno schiuse meraviglie incredibili.”

Edited by Midnight_Rose - 21/3/2012, 16:51
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 21/3/2012, 16:34




Non ha affatto bisogno di avvicinarsi per vedere meglio, l'uomo che le squadra con occhi gelidi e pensierosi, e forse non ha nemmeno voglia di toccare per credere quando comprende l'avere la luna comporterà anche prendere il sole, un sole che gli brucia ancora sulla pelle delicata nei dolorosi ricordi, immagine sbiadita di una bellezza che a lui non è più dato vedere, toccare, sopportare come un tempo, pur contro le avversità, pur con tutta la buona volontà ci avesse messo per sopportare le metaforiche ustioni e per continuare a provocarsele come il migliore dei masochisti, incenerito nel cuore dalla folgore, incendiato dalla speranza di ottenere ciò che gli è precluso nei secoli. Teme forse, toccando sembianze simili, di rimanere ulteriormente scottato, intimamente urtato da immagini di sofferenze sofferte pronte a balzare in superficie in un momento? E' solo una ragazza mortale, si dice per schiarirsi gli occhi dall'amore e dall'odio e dalle loro illusioni, e l'unica cosa che lo urta è la vaga insofferenza che dimostra al suo cospetto, non fatta solamente della paura che lo compiace.
La osserva a lungo, anche quando il cameriere entra ed esce dall'antro cercando di farsi notare, e ancora più fintanto non si accorge del bicchiere che ha davanti riempito, il profilo delineato dal colore prediletto che lo distrae per brevi momenti. Lo sguardo poi torna a posarsi sulla mora piccola e lasciva mentre, correggendo la posizione seduta, poggia la gamba accavallata a terra e punta i gomiti sulle ginocchia incrociando le mani sotto il mento, sporgendosi lievemente in avanti nell'intento di analizzare, conservare e dare piacere ai propri occhi. I modi sbarazzini della fanciulla, la sua grazia e la sua gracilità sono motivo per lui d'interesse tanto forte e tanto ambiguo da risultare alieno ed estraneo, eppure seducente agli sguardi ignari che possono venirne catturati, maschili e femminili. Una differenza che non riconosce che nel fisico, a cui non dà concettualmente peso. Il Padre solo sa quanti amanti di entrambi i sessi ha posseduto senza vergogna alcuna, e quanti ancora ne vorrà o schiavizzerà in futuro per puro ed egoistico, sordido piacere. Non sempre ha avuto dolcezza con le sue vittime, e mai ne avrà coi figli della luce, esseri alati dalle piume bianche in cerca della sua esistenza per ordine di una Madre apprensiva, preoccupata di disfare ciò che è stato compiuto dal fato. Li preferisce ai loro fratelli oscuri, ne ha avuto piena prova, proprio in virtù di quello che alcuni di loro credono sia amore invece di pura finzione.
E' troppo bravo perfino per loro, stolti, a cui ha strappato la vita con le proprie pallide mani.
Do ut des sussurra divertito, scuotendo il capo per scacciare il pensiero di pochi giorni precedenti prima di tornare a Idunn. Difficile pensare gli uomini ne siano capaci, dal basso della loro ignoranza, eppure è realtà manifesta in questo luogo. Ostinata verità condita di maschere fittizie e priva d'illusioni, per me che le posso vedere e oltrepassare. E questo li renderebbe più degni degli altri? pone come ipotetica domanda a sè stesso più che a lei, senza pretenderne risposte. No. Ma è un piacevole diversivo, senza dubbio.
Raccoglie il bicchiere che gli è stato offerto senza fare una piega ulteriore, portandoselo al naso per inspirarne lievemente l'aroma tiepido e inconsistente, ma pungente come il veleno. Non è nulla più di un distillato, valuta correttamente, un estratto aromatizzato di piante e fiori medicinali che non possono sfuggire alla sua mente pratica nell'arte.
Artemisia absinthium risponde, assaporando come un gusto il nome latino, l'odore amaro del composto diluito dalla dolcezza di quello che riconosce essere anice e zucchero. C'è tanto alcool da perdersi, in gradazioni che non è affatto convinto di poter sopportare. Un solo sorso potrebbe costringerlo a rinunciare alla sobrietà e alla salute e, alle lunghe, lo avvelenerebbe. In ogni caso, pacato, si esprime in un ambiguo sorriso che è rara concessione d'umiltà con sè stesso e con gli altri.
Non dovrei, ma potrei indulgere se ne valesse la pena. Ne vale, Idunn? lo chiede in virtù delle regole dell'ospitalità ancora in voga nel galateo umano e forse divino, sollevando di nuovo lo sguardo per riporre elegantemente il contenitore, attendendo risposta.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 21/3/2012, 18:04




Gli effetti del forte distillato iniziano ad allungare i propri tentacoli delicati verso demone che, mentre Thomas osserva Nina, si permette attimi di quieto abbandono tra le braccia della dolce Mina. A dispetto dell’apparenza angelica è proprio quest’ultima che nasconde l’animo più tetro, incline al dolore ed al piacere sadico. Potrebbe essere un’ottima dominatrice se non seguisse tanto ostinatamente le scelte della sorella, se non l’amasse tanto. Anche nelle giornate più normali le due condividono tutto: l’appartamento, il lavoro, gli amanti, il cibo, i sentimenti ed entrambe pongono l’altra prima di tutto, anche di se stesse. Nell’ascoltare il loro raccontarsi, reso fluido e ridanciano dall’alcool, ne è rimasta colpita ed affascinata tanto da spingerla a farle sue. Gli occhi socchiusi, le braccia mollemente posate sulla schiena della mora, sembra quasi essersi addormentata. In realtà sta rincorrendo la sensazione ovattata che inizia ad aleggiarle nella mente e nell’animo, capace di rendere ogni pensiero inafferrabile, meschino, inutile se altro liquido scenderà per la gola, finendo in uno stomaco troppo vuoto per reggere ancora a lungo. Al momento succede perché lo sta permettendo, concedendosi al morbido torpore. Rilassata oltre ogni immaginazione, riceve un casto bacio sulle labbra che la fa sorridere: Nina tenta sempre piccole marachelle quando la vede così distesa, sapendo non le causeranno più che un’espressione indulgente, divertita e compiaciuta. La bionda, intanto, le carezza il braccio sfigurato con una mano dalle unghie laccate di nero, affatto impressionata dalle cicatrici che lo deturpano fresche o meno che siano. Le gemelle, a dire il vero, sono state attratte proprio da quella macabra caratteristica che mina la bellezza di Idunn, rendendola imperfetta, peccaminosa e dannatamente intrigante: una dea tra i mortali, come l’ha poeticamente definita Jay. Annuisce distratta alle parole dell’illusionista -sembra non lo stia ascoltando, ma in realtà è più sveglia e ricettiva di quel che si possa supporre-, sondandolo più con l’empatia che con gli altri sensi a disposizione. C’è ancora stupore in lui, una latente incapacità di comprendere a fondo la ragione che sta dietro tutine aderenti, catene, corde, schiavi e padroni che vogliono essere usati od usare a seconda del ruolo scelto. Eppure a lei è tanto evidente: l’esistenza è un rincorrersi di scelte, imposizioni e fughe ed il NeverMind è un bouquet perfetto di questi elementi. Sul fondo dell’animo maschile l’impronta di un dolore antico, lo stesso che ha percepito quand’erano soli nella stanza dallo scanno d’oro e s’erano concessi mezze confidenze inaspettate. Sta per commentare con pungente sarcasmo, ma la mora torna alla carica cercandole ancora le labbra e premendosi più intensamente contro il generoso corpo fasciato di pelle. La blocca portandole un dito sulla bocca prima si avvicini troppo, i riflessi pronti a cogliere il minimo guizzo indesiderato. Un’occhiata ammonitrice fa fremere la gemella impertinente.
“Nina…” la redarguisce, la voce trasognata vibrante di caldo comando “Hai dimenticato le regole, forse?”
“No, certo che no, Padrona.” timorosa, la giovane la guarda dal basso con occhi colpevoli, del tutto dimentica del fascinoso straniero che Idunn pare conoscere.
“Mi domando se sia veramente io a tenervi al guinzaglio…” un sospiro, un prendere il mento dell’altra con due dita ed un concederle il bacio tanto desiderato come nulla più che un incontro di bocche. Imprevedibile al pari di un temporale estivo arriva lo strattone al guinzaglio della mora, costretta a staccarsi e ad annaspare, paonazza. Le ha mozzato il fiato, alterando la dolcezza del bacio con la prepotenza della piccola punizione per la disobbedienza. Potrebbe di peggio, ma si limita a ciò che ritiene sufficiente. “Ma i miei dubbi sono solo miei e non devono mai essere vostri, ricordalo oppure la prossima volta potresti pagare un prezzo molto più alto per la tua insolenza.” Un modo delicato per dirle ‘comando io, qui’. Tiene le due ragazze perpetuamente sul filo di un rasoio molto affilato, facendo intendere che per quanto apprezzi la capacità di osare non devono andare altre i limiti che ha insegnato essere invalicabili. Gioca con loro, gatta e topolini indifesi, curandole e ferendole in base ai comportamenti che le due scelgono di tenere. Sono loro, in fin dei conti, a determinare le reazioni della mistress.
“Chiedo perdono.” massaggiandosi il collo la giovane torna accoccolata, ora con le gambe appoggiate su quella di lei che fa perno sul pavimento e la schiena contro l’altra poggiata all’imbottitura di velluto purpureo del divanetto. Ha messo un po’ di distanza tra sé e la dominante, non standole più addosso ed avendo abbandonato parte del coraggio a favore di un più composto timore reverenziale. Si merita un sorriso compiaciuto e poi lo sguardo torna a Thomas che sciorina nomi botanici in latino come fossero caramelle. Lui che possiede una così vasta nozione ed un’invidiabile collezione di piante, cortecce, radici e frutti è prevedibile riconosca l’erba officinale da cui il liquore è tratto. Pondera qualche attimo, prima di optare per la sincerità. “Ne varrà la pena se vuoi la valga. Qui ti puoi spogliare di ogni maschera, nessuno mai punterà il dito. Puoi scegliere la solitudine o la compagnia, il piacere di agire o di restare a guardare, la dominazione o la sottomissione ed invertire le posizioni quando meglio preferisci. Il comando alla lunga logora, Thomas, qualche volta si ha bisogno di lasciarsi andare, di mettere da parte i ruoli ed essere quello che si desidera al momento. Io ho ceduto” un’ovvietà, a sottolineare una scelta compiuta in completa autonomia, seguendo solo le necessità del momento “e ne sono lieta.”
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 21/3/2012, 19:46




Impertinenze e punizioni sono strumenti affilati da usare con saggezza e perspicacia, da spargere con coscienza ed euguale timore per non dover ritrovarsi poi a temere un loro generoso ritorno fatto di aghi e spilli, coltelli puntati alla gola e lance trafitte nel costato. Il comportamento della mora, qualsiasi cosa voglia in realtà dimostrare, gli ricorda molto da vicino le libertà che si prendeva con ancora maggiore avidità al cospetto della corte e di suo Padre, sempre pronto a far risaltare la bontà e a decantare i pregi del primogenito e solo vagamente disposto a concedere affetto a lui, che pure aveva portato via e trafugato da un mondo oramai perduto a causa della sua collera. Tutta la diversità racchiusa in cenni, nelle speranze di venire considerato e voluto e non debolmente accettato, e solo infine informato non era sangue del sangue di cui credeva di far parte, carne della carne di chi era a lui simile.
Ricorda come una volta l'inganno era la sua forma di richiamo d'attenzioni, tra le vigorose risate del fratello e le sue più deboli e non meno felici. Ricorda la sensazione liberatoria di piccole marachelle e giochi astuti, di condiscenza e fedeltà a lui riservate fintanto erano ancora giovani ragazzi senza pensieri, nei tempi prima dei tempi. Poi il sapore dell'odio, la consapevolezza di essere scansato, beffeggiato, tradito. Un tradimento perpetrato poco a poco dai comportamenti a lui familiari, e solo dopo, d'un solo colpo, dalle mani forti che tanto aveva avvicinato a sè varie volte con umiltà e dedizione infinite.
Sicchè, ecco, il tentativo della mora di prendere piede nel rapporto a tre che si svolge sotto i suoi occhi pensierosi non lo turba affatto, spingendolo perlopiù a sorridere d'amarezza, la catena strattonata verso il basso, il respiro mozzato. Sa quanto possa far male un simile gesto e comprende con una sola occhiata il perchè della distanza che mette tra sè e lei la giovane, una metafora del suo vissuto, del lungo viaggio infernale a cui è costretto. Sa che da qualche parte, milioni di esseri non dissimili da lui e altri milioni uguali all'amato e odiato parente si combattono tra loro, su milioni di altri piani diversi. Qualsiasi sia il risultato, il suo destino è mortalmente segnato, la fine del mondo scampata a sua spese, quella fine che è costretto a portare ripetendosi di era in era, di ciclo vitale in ciclo vitale. Lui che non può sfuggire da sè stesso, sempre uguale a sè stesso, conscio della fallibilità delle proprie azioni.
Sempre attento ad ogni loro conseguenza, sempre in procinto di pianificare perfettamente ogni propria mossa sperando ne valga la pena.
Ne vale?
Vale distruggere un mondo e i suoi abitanti per vendetta contro il loro stesso creatore? Vale governare i mostri suoi figli e scaraventare la terra ai piedi del fratello con tutto l'odio possibile, tutta l'immane rabbia che lo anima, disperando nel momento in cui lo ingannerà e sarà costretto a ucciderlo? Valgono forse, questi pensieri, in una folla di idioti e ignoranti inconsapevoli del proprio destino?
Sporgendosi ad afferrare il bicchiere dal lungo collo, Thomas dà la risposta nello sguardo indurito dai pensieri, sperando per quanto cattivo quel rimedio possa alleviare il dolore che inizia a provare, un fiume in piena che rischia di sfondare i propri argini. Se lo porta alle labbra con circospezione prima di ingoiarne il contenuto interamente, come chi desidera medicine al proprio male e per far sì che agiscano prima, ne assume in quantità.
Rimane così, immobile finchè anche l'ultima goccia non gli è scivolata in bocca. Attende troppo probabilmente, perchè nel gesto di posare il contenitore il braccio si ferma a mezz'aria, gli occhi sgranati dall'effetto immediato che un distillato così forte può avere su qualcuno di perfettamente definibile come astemio.
La gola gli brucia, sente un'improvviso caldo farsi strada nel petto, diverso da qualsiasi tipo di calore mai provato e quasi insopportabile ai suoi sensi acuti. Si allevia solo dopo momenti interminabili, momenti in cui, già stordito e con lo sguardo arrossato, ansimando ha gettato accanto a lui la lunga giacca che tocca fin quasi a terra rivelando l'ulteriore vestiario, il fuoco che fa parte della sua natura improvvisamente appiccato in un incendio.
La maglia di bizzarra pelle nera estrapolata da strisce incrociate tra loro obliquamente, incredibilmente ritagliata su di lui ed estremamente attillata per essere portata sotto l'altrettanto stretto capo di vestiario appena eliminato, riflette opachi bagliori per via delle luci del luogo e del materiale di cui è composta, e disegna le sue forme gracili con maestria, risaltandone il profilo con la propria particolarità. Non ha maniche, sicchè le braccia sono lasciate nude, e viene completata da calzoni di pelle nera con motivi metallici al fianco, somiglianti a placche d'armatura. Gli stivali portati sopra di essi sono inaspettatamente alti, fin quasi al ginocchio, ma completamente privi di tacco data l'altezza.
Strizza gli occhi, allungando di nuovo una mano al bicchiere sentendo un progressivo offuscamento dei sensi. L'assenzio sembra avergli donato una certa frenesia per cui fa quasi cascare il fragile pezzo di vetro, riprendendolo all'ultimo prima di alzarsi con cautela, barcollando solo lievemente, dirigendosi verso le tende che dividono l'angolo dall'esterno.
Oltre vi è mischia, movimento, pazzia. Quando le sostiene da parte nel passaggio, osservando, è quasi ovvio che ne voglia far parte in un modo o nell'altro.
In quel posto non è più relegato al comando, se è vero quel che Idunn ha detto. Non è più obbligato a pensare agli obblighi, in favore dei piaceri. Può dimenticarsi dell'odio e della vendetta e forse lasciarli da parte, sebbene parte inscindibile del suo animo. Semplicemente, può, ed è disposto a concederselo.
Ne vale la pena.
Le lancia un'occhiata annebbiata e poi guarda la folla e il soffitto, dove i faretti vagano come lucciole colorate nella notte. Lo sguardo lievemente trasognato ha ancora lo stesso cipiglio di prima, ma privo della solita severità. E' bello e alieno, non uomo nè distruttore. Solo lui.
Richiama il servitore e fai portare altro assenzio. Io vado a cercare un accompagnatore che me lo versi.
Quando supera le deboli paratie che lo separano dal trambusto esterno, lasciandola con quella frase dal significato intuibile e ben poco canonico, lo fa suggerendole implicitamente di accompagnarlo. O forse il suo messaggio è diretto alla bella mora e a sua sorella che, sorpassati i propri canoni, potrebbe desiderare di avvicinare a sè.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 21/3/2012, 21:22




Meravigliose, sensuali tentazioni. Cedervi è l'unico modo per scacciarle, tarli insistenti di un'esistenza che non è mai quella desiderata. Ricordasse ciò che è stato saprebbe ha sempre preferito piegarsi al desiderio che combatterlo, pur essendo stata costretta più volte ad armarsi di un'immensa forza di volontà e dire no. Per il bene altrui, per fare la scelta migliore, per essere forte. E se sapesse si rammaricherebbe: quante chance ha perso così facendo, quante opportunità ha mandato in fumo poiché non rappresentavano la scelta migliore? Ma rimuginare è inutile ed allora, adesso che può, si concede piaceri e perversioni in abbondanza, fino a che il suo lato solitario decide di riscuotere il proprio pegno imponendole lunghi periodi con i propri fantasmi smemorati a far da unica compagnia. Nello sguardo smeraldino di Thomas, indurito da chissà quali lugubri pensieri, rivede il proprio dubbio iniziale. Potesse lo prenderebbe per le spalle, scuotendolo con forza, e gli griderebbe ad un palmo dal naso di lasciarsi andare, di mollare le briglie, di permettere a terzi di servirlo nei modi più disparati e di servire, se vuole, perchè il carico del comando gravi su altre spalle. Mi si trattiene, convinta debba essere lui a scegliere la strada da percorrere in modo non abbia -almeno spera- sensi di colpa quando tutto sarà finito e la realtà tornerà a pesare col suo infinito fardello. Inutile sottolineare le si apra un sorriso compiaciuto e caldo nel vederlo prendere il bicchierino di vetro, accostarlo alle labbra, svuotarlo in un soffio. Curiosa, attende l'effetto si palesi. Un minuto, forse due, e le gote delicate dell'illusionista s'imporporarono in risposta alla botta data dall'alcool. Boccheggia, preso alla sprovvista dalla forza del liquore. “Benvenuto in paradiso, mon trésor...” mormora, la voce sensuale resa roca dal gomito alzato un po' troppo. Le gemelle ridono, campanelle gioiosa in un oceano di tetra perdizione e puntano i loro occhi castani sull'uomo che svela c'è dell'altro sotto la giacca in pelle. Un fisico asciutto, atletico, ben modellato, fasciato da pelle tanto aderente che lascia all'immaginazione solo il colore dell'intimo. Il resto è messo in mostra ed anche Idunn indugia sulla lunga figura flessuosa a poca distanza, senza permettere al proprio sguardo di comunicare alcunché. Si sposta, causando movimento nelle altre due, e s'accomoda impettita all'angolo libero del divanetto, un gomito sul bracciolo, le gambe tornite accavallate, il busto appena inclinato verso l'appoggio. Un'espressione sorniona le solca il viso magistralmente truccato per donarle un'aria affascinante e misteriosa, più di quanto non abbia di natura, mentre osserva il mutamento dell'uomo. Appare improvvisamente frenetico, incapace di ostentare altra compostezza: il primo a farne le spese è il piccolo recipiente in vetro che barcolla, malamente urtato da una mano malferma, afferrato, salvato all'ultimo. Come ciò non fosse evidente segno è bastato poco a minacciare la rigida rotta su cui Thomas s'è sempre tenuto, s'alza e s'avvia verso la pista. Una leggera insicurezza sulle gambe le strappa la convinzione regga affatto bene l'alcool. Mon dieu, ha portato sulla via della perdizione un astemio! Un dio astemio! Dove mai si sono sentite storie del genere? Soffoca una risata mordendosi un labbro, tirandosi in piedi imitata dalle gemelle che le si portano una per lato, angeli custodi bisognosi di attenzioni. È intenta a carezzarle entrambe sul viso, bonaria, quando l'illusionista lancia loro un'occhiata offuscata ed una richiesta che suona al pari di un comando. Coglie nei pozzi di smeraldo che fissa una luce diversa, una mancanza che lo alleggerisce e lo abbellisce notevolmente. Riesce a guardarlo con occhi diversi, cogliendo... qualcosa. Le sono necessari attimi per capire. Una silenziosa richiesta? Sì, la volontà di essere accompagnato, ma da chi? Sono in tre. Ha dimostrato interesse per le gemelle, Nina in particolare, mai per l'irruenta elementale. Crede quindi sia loro che voglia e così le spinge in avanti, invitandole con un delicato “Mie bambine, accompagnate Thomas nella sua ricerca. Fate solo quello che desiderate e state attente ai vostri desideri.” concede un bacio ognuna, soffermandosi più su Mina, l'unica delle due che mostra un pizzico di esitazione. Nina interviene prima debba farlo la demone e prende per mano dalla sorella, rassicurandola con quel semplice gesto e si indirizzata con lei verso le spalle di colui che definire uomo sarebbe riduttivo. La bruna sussurra all'orecchio della bionda che ride divertita e il suono della risata è l'ultima cosa che sente prima i tre vengano inglobati nel caos del NeverMind.
Gli stanno ad un passo di distanza per farsi notare, ma non lo toccano e non lo faranno finchè non sarà lui a dimostrare di volerlo. Adeguatamente addestrate, sono brave a rimanere al posto che è stato assegnato loro e contemporaneamente a sfruttarlo a vantaggio. Incrociano sguardi indirizzati in parte all'illusionista, diretto verso una meta nota solo a lui e lanciano sorrisi a chi osa accennarne uno in loro direzione. Più spavalda del prevedibile è la bionda ad ammiccare ad un panzone alto circa due metri che svetta tra la folla come un lampadario tra le appliques. È fasciato da soli pantaloni in vinile ed anfibi, il resto è un trionfo di abbondante pelle glabra e rosea. Per il momento non tenta oltre, ma ha negli occhi la luce di chi ha trovato il paradiso e non vuole farselo scappare.
Idunn, unica occupante dell'angolo appartato fa un nuovo cenno a Jay che scatta in sua direzione. S'accosta fino ai tendaggi, in un oscillar sensuale di fianchi sui tacchi vertiginosi, giungendo davanti al ragazzo e lì fermandosi, senza accennare il minimo tentativo di contatto.
“Sei rimasta sola.” trasuda tensione sessuale tra tutti i pori, si sfiora i polsi che portano evidenti segni di costrizioni piuttosto rudi per non cedere al desiderio di posare le mani sulla pelle perfetta di lei.
“Oui...”
“Cosa posso fare per te?”
“Portami dell'altro assenzio.”
“Ti serve altro?” Un aggraziato cenno di diniego col capo per risposta provoca un incupirsi del luminoso viso del giovane. Avrà, sì e no, venticinque anni. “Perchè mi rifiuti?” domanda, dando voce al dubbio che l'ossessiona da diverse sere.
“Non sei il mio tipo, Jay, te l'ho già detto.” la verità può far più male del previsto, ma il ragazzo è abituato a rifiuti e sa di doverlo accettare. Le regole sono regole, i dipendenti non ne sono esenti.
“Arriva subito l'ordinazione.” sparisce zigzagando tra le poltroncine disseminate attorno alla pista, quasi tutte occupate.
In dubbio, la demone si accosta al tavolino, fa fuori d'un sorso un altro bicchierino d'assenzio e giunta la botta dell'alcool s'indirizza a passo di marcia verso la pista da ballo, frustino in mano e lascivia a parlare per lei. Una gabbia, al centro del palco, è il suo obiettivo. Arrivarci, però, non è cosa semplice: trattenuta da tocchi, strofinii, moine ed avvenenti omaccioni che tentano in ogni modo di aggraziarsela le rendono il percorso una salita ad ostacoli. Si fa distrarre solo in parte, sembra avere un obiettivo preciso. Ma quale?

Edited by Midnight_Rose - 22/3/2012, 11:08
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 21/3/2012, 23:11




Leggerezza ed eleganza. Compostezza nei muscoli sciolti che ornano il suo corpo senza eccedere, sollevando le mani per richiamare senza uno sguardo le due gemelle a sè con un lieve tocco, un'attesa infinita. Tale è la travolgente sensazione d'essersi finalmente dato uno spiraglio d'aria pura che, nonostante l'odore di sudore arrivi alle sue narici, nulla potrebbe disgustarlo, spingerlo ad allontanarsi e privarsi del paradiso, fosse esso nella pallida bellezza mora o contenuto nell'impercettibile esitazione della bionda. Particolare, quello dei suoi capelli, a cui non dà più importanza del colore della pelle o degli occhi, mentre i suoi verdi scrutano indagatori, silenziosi, affrontando ed accantonando manie e autoimposti comportamenti deleteri. Lì è la libertà, nella massa di persone che s'agita attorno, lì non c'è differenza, costume, usanza che trattenga. E lì, proprio lì in mezzo, il suo corpo vaga predatorio con innaturale agilità, spaventando i deboli e attraendo i forti, affrontando a colpi di sguardo il prossimo che gli camminerà davanti, che gli si avvicinerà troppo o troppo poco a suo volere.
Tutto di lui fa intendere quanto sia lontano e distante seppure simile, qualcuno non disposto al comando, ma portato naturalmente ad esso. Creatura di malignità e inganni, in questo momento sembra l'innocenza in persona, le mani tenute a quelle delle due ragazze ai lati con la dignità di chi non usa, ma ottiene ciò che vuole.
Ciò che vuole, difatti, ha quando la ninfa mora gli si struscia al fianco tentando lo stesso gioco prima provato con la donna, l'altra interdetta dal fare della sorella. Sussurra parole nelle orecchie all'una e all'altra in un sorriso, parole sommesse che promettono il mantenimento della loro incolumità, e vedendo meno ritrosia se ne fa dire i nomi, strumenti di potere di cui loro non sanno l'importanza ma di cui Thomas è perfettamente conscio e sicuro. Chissà come, qualcuno si potrebbe accorgere pochi secondi dopo, il timore di Mina sparisce lasciando posto ad una gara con la sorella per ottenere il suo personale interesse.
Sorride compiaciuto a quella piccola disputa, eppure si lascia solo toccare, mai avvicinare ulteriormente da entrambe, cosa che Nina nota e tenta di forzare infilandogli una mano all'orlo della maglia, e che lui paziente ferma con accondiscendenza. Le concede un veloce e casto bacio sul collo che la fa rabbrividire, ma nulla più.
Portate pazienza, ammonisce con serietà, e più tardi, vi assicuro, vi darò da fare. Le conduce verso il bancone, posizionato in posizione strategica per avere la vista a tutta la sala, e lì le interpella sulla scelta di un candidato maschile chiedendo consiglio, non avendo preferenze ma sentendo il forte bisogno di un accompagnatore, più che della sua controparte femminile.
Mina, ridendo, fa cenni al grosso individuo impossibile da non notare in pista in virtù della sua massa e del suo abbigliamento. Quando dice di no, sorridendo, lascia intendere abbia gusto per la bellezza d'altro genere.
Nina gli indica Jay, il cameriere, e molti altri candidati che pur essendo perfetti, non sarebbero ciò che vuole lui. Gli offrono altri bicchieri dai colori forti e vivaci e Thomas li accetta, sprofondando nell'ottenebramento lucido che s'ottiene solo con l'alcool, ride e lo fa di gusto in loro compagnia, dichiarando poi sono libere di tornare dalla donna con la quale stavano avendogli offerto il servizio e il consiglio che cercava. Chissà che poi non voglia ottenere altro, lascia a loro il dubbio, lo sguardo ammaliatore che scivola su di loro. Le due vagano dove vogliono, muovendo i fianchi al passo in sincrono, e Thomas rimane dov'è a guardarle scomparire tra la folla, scorgendo appena l'elementale in difficoltà.
Non si gira quando sente un individuo parlare al suo fianco, rivolto a lui.
Deliziose, vero? Annuisce piano mentre l'altro parla e lui vi presta poca attenzione. Difficili da trovare e ancora più difficili da ottenere. Sei un ragazzo fortunato commenta lo sconosciuto, interrotto da un lungo sorso alla sua bevanda.
E bello aggiunge poi, probabilmente interessato. Posso offrirti qualcosa?
L'illusionista si gira per rispondergli che no, per ora ne ha abbastanza e non vuole cadere addormentato sul pavimento prima del tempo, quando la frase gli muore in gola alla sua vista, mai credendo una possibile casualità potesse avvenire proprio per lui.
Sorpreso, boccheggia, gli occhi decisamente fermi sul suo gentile vicino ed intenti ad assaporare non troppo metaforicamente chi gli si para davanti. Capibile quando l'individuo in questione è un giovane dall'altezza pressapoco la sua, muscoloso e prestante, con un bel viso squadrato dagli occhi azzurri e ridenti come il cielo e dai capelli biondicci sparpagliati sulle spalle, la barba fine dello stesso colore virante al rossiccio che gli ricopre il mento, le guance e il labbro superiore. Il semplice vestiario, costituito da una maglietta di cotone nero e da pantaloni in pelle e anfibi, risalta tutta la figura maschile che lo guarda con spirito ridanciano, lasciandolo ipnotizzato come un serpente in balia del flauto solo perchè a conti fatti a parte pochi e piccoli, basilari dettagli, lo sconosciuto è non molto dissimile dal fratello.
Probabilmente lui s'accorge dell'inaspettato effetto che ha avuto su Thomas, perchè sorride divertito in sua direzione porgendogli un bicchiere in vetro dalla forma conica, sicuramente contenente qualcosa a lui proibito se conosce bene il fegato di simili individui. Dal canto suo, l'illusionista lo prende con una presa affatto ferrea, ingoiandolo intero in una sorsata e rimanendo immobile per istanti prima di lasciarlo cadere sul bancone e avvicinarsi all'uomo di scatto, affatto preoccupato dai risultati della propria impulsività. Gli poggia una mano sottile sulla guancia, il volto piegato dall'ansia e dalla voglia. Cede poco dopo agli istinti e lo bacia privo di disgusto, rivedendo nella mente la proiezione di un uomo a lui conosciuto, a lungo desiderato.
L'altro non reagisce sebbene il moro si comporti in maniera sciocca, neppure quando s'allontana, accorgendosi improvvisamente egli non è chi crede ma solo simile a lui e rifilandogli d'impulso uno schiaffo che risuona solo tra loro due, tanto forte è la musica del luogo. Tuttavia il biondo non fa una piega e vedergli perdere il sorriso lo strazia tanto da spingerlo a riavvicinarsi, motivo per cui, in meno di un secondo, si ritrova invece i polsi imprigionati nella morsa di mani più grandi e forti e il suo viso a troppa poca distanza.
Evidentemente ubriachi anche se non fino al midollo, la forza dell'uno è pari solo alla capacità di liberarsi dell'altro che ride sguaiato, suscitando la stessa ilarità in chi lo tiene fermo e lo spinge con la schiena sul bancone.
Pur lottando, si lascia lì posare senza porsi problemi, altalenando sentimenti instabili come l'acqua e contatto al combattimento fisico, allo scontro che essenzialmente ricerca e che l'altro facilmente gli concede. Senza violenza, senza obblighi, in sottile intesa. Impossibile credere il biondo non sia andato, come altri avrebbero fatto, su tutte le furie per lo schiaffo di prima, eppure vero, vero e vivo come ogni cosa lì dentro.
Cosa vuoi, allora? scherza l'individuo con lui, poco prima gli sfugga per l'ennesima volta passandogli alle spalle. Thomas lo spintona appena in avanti, poi gli stringe le braccia al ventre come l'avesse sempre fatto. Il suo è un ricordo di bambino, un gesto d'affetto che l'altro accetta smettendo di imprigionarlo, lasciandolo a godersi sornione il calore di una schiena che potrebbe essere quella del suo adorato fratello. Paonazzo, uno strano accento dall'aria antica inizia a trapelare dalle parole, la lingua sempre svelta per quanto impastata sia quando deve rispondere.
Assenzio. Ride osceno, completamente privo di inibizioni.
Solo questo?
Scoprilo.
Le sue mani lo lasciano e il momento dopo, con movimenti liquidi e decisi, è già lontano a lanciare ogni tanto un'occhiata da dietro la spalla, invogliando la sua nuova preda a seguirlo mentre si dirige sulla pista attirando sguardi e attenzioni col suo fare altero e imperturbabile, appena scomposto dal sorriso volpino che gli colora le labbra. E' del tutto intenzionato ad avere ciò che vuole, e a divertirsi sadicamente per averlo.

Edited by 'Raven' - 22/3/2012, 03:27
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 22/3/2012, 12:43




Uno schiocco duro fende l’aria come una lama, suono liquido di seta squarciata. Strappa le note della musica impassibilmente alta, causando un trattenere il sospiro collettivo. Decine di occhi puntati sul braccio alzato e sulla mano che impugna lo scudiscio.
La punta del frustino collide con il fianco scoperto di un bestione, tanto muscoloso quanto lei è snella, da mettere in soggezione chiunque sia sfornito di una buona dose di sicurezza in sé. Ha osato troppo, rifilandole una violenta pacca sul deretano, ed è stato punito con lo stesso impeto. Accompagna il castigo ad uno sguardo ammonitore, affatto impressionata da una simile dimostrazione di stoltezza piuttosto che di forza -a diventare un habitué del NeverMind ci si abitua ad ogni genere di approccio e mentirebbe se dicesse di non essere incappata in tentativi peggiori. Tanto orgoglioso quanto sciocco fa per afferrarla, ma lei è un’agile lince che sfugge prima ancora le tozze dita maschili ghermiscano l’aria davanti al suo ventre. Nuovamente immersa tra la folla, si concede per pochi, brevi, minuti ad un’avvenente donna di mezz’età di rosso vestita. Per quanto abbia evidentemente passato i quarantacinque è bella, formosa, piacente e ne è conscia. Usa il suo charme come l’elementale ha prima usato il frustino. Il viso dall’ovale delicato, è impreziosito da acquemarine che sono semplici pupille solo per un distratto osservatore, incorniciato da una cascata ramata che le sfiora le spalle. Il fuoco della dominazione risplende in lei, acceso dal desiderio di aver trovato la preda perfetta. Idunn ride, la strattona a sé indicandole non sarà il suo giocattolo poiché, al momento, è in cerca di ben altro. Sparite le gemelle -che non sono tornate da lei, dopo aver lasciato Thomas, ma hanno preferito dedicarsi l’una all’altra in uno dei privè del piano di sopra, rese affamate da un impeto che non si spiegano-, la demone vuole passare a gusti più forti e da un donna non potrà averli. Balla con la rossa, incurante il testosterone nell’aria è arrivato alle stelle e visi dalle bocche spalancate le fissano affamati. Un altro strattone e si libera dalle mani di lei, di cui non conosce nemmeno il nome. È raro chiederlo o sentirselo chiedere, lì si è solo ‘servo’ e ‘padrone’, talvolta entrambi. Il resto è ininfluente, inutile, superfluo e permette ai soggetti coinvolti di mantenere un minimo di riservatezza sulla vera identità che celano sotto il profilo peccaminoso. Starti di pelle, pvc, stringhe e catene, nascondono persone dalla vita comune. Avvocati, operai, casalinghe, studenti, perdigiorno e quanto la fauna sociale possa offrire al NeverMind è presente, seppur ben camuffato.
Sorpassa un giovane che supplica di prenderlo, un paio di ragazze che ricordano le gemelle nel loro strusciarlesi addosso impertinente ed una tal quantità di uomini e donne da prestare attenzione nemmeno alla metà di loro. La gabbia, la gabbia al centro della pista da ballo. La vuole. È una struttura interamente in metallo a base circolare di un metro di raggio, posizionata su un rialzo alto un metro. Le barre in ferro che la compongono sono piatte, leggermente bombate e culminano in una punta da cui dipartono catene di varia natura, che penzolano, da altezze differenti, all’interno. All’apparenza uno strumento di tortura dal sapore medioevale, in realtà il fabbro a cui è stata commissionata s’è ispirato proprio a quel periodo nel quale la tortura era all’ordine del giorno e ben più che un metodo per espiare i peccati dagli animi impuri. La vede vuota, a pochi passi di distanza. È sua. Le basta volgere lo sguardo alla sua destra per trovare due slave disposti ad aiutarla nella salita. Apre l’angusta porticina, che gira sui cardini stridendo, e si chiude dentro. Cambio improvviso della musica: da martellante, ossessiva, un trapano che affonda nelle profondità del cervello, si trasforma in uno scivolare languido di gemiti e mormorii che, sempre uguali a loro stessi, si ripetono su di una base dalle note sensuali e peccaminose. Sembra invitare a lasciarsi andare, ad abbandonare le ultime inibizioni che in un locale del genere esistono solo perché gli uomini che lo occupano sono figli di una società fin troppo per bene. Trasportata da quel ritmo si muove, provocante e sensuale, novella Eva magnificamente incline a cedere alla tentazione. Il corpo fasciato dalla pelle che s’agita, il capo gettato all’indietro, le mani che afferrano le sbarre e le usano come perno per inclinare il busto tanto quanto sembra troppo. Il volto rasenta l’estasi e la mente non ha più un solo pensiero su cui arrovellarsi, tutti scacciati dall’alcool e dalla perdizione. La preda ha scelto di divenire tale, chi riuscirà a farla propria, chi sarà in grado di farsi accettare? Ecco le sue intenzioni: che qualcuno la trovi, la prenda e faccia di lei quel che vuole, liberandola dalle ultime stille di autocontrollo che le sono rimaste perché ancora non s’è spinta oltre se stessa. La gabbia è ben più di una parte dell’arredamento, è un segnale, uno svelare le proprie intenzioni senza proferire parola ed al contempo un salvaguardarsi da quanti non di proprio interesse -è possibile aprirla solo dall’interno. Danza, danza fino a perdersi tra sguardi e vaghe percezione di emozioni, sentendosi finalmente libera di esprimersi come non ha fatto per lunghissimi anni da. Come ha potuto farlo, privarsi di un simile piacere, di una tale liberazione? Quel che lei non vedere è che, ai piedi della gabbia, uomini e donne si sfidano per poter tentare di ottenere un minimo cenno d’interesse.
Tra i tanti avventori uno solo cattura l’attenzione d’Idunn. Il più audace tra tutti. Se ne sta con le mani aggrappate alle sbarre, le braccia estese ed il bacino a muoversi lasciando intendere una certa flessuosità, il corpo a formare un triangolo per metà librato nel vuoto. Emana un’energia forte che giunge ad accarezzarla dandole i brividi. Non è umano. In uno scatto si volta e lo guarda, bello da mozzare il fiato. Una cascata voluminosa di onde castane gli sfiora il collo, occhi smeraldini spruzzati d’oro carichi di bramosia lo illumina, muscoli guizzanti fasciati di pelle nera e di rete lo caratterizzano. Le labbra sono atteggiate ad un sorriso felino, ricambiato da un’occhiata intensa e maliziosa di lei.
“Vieni con me.” voce bassa, vibrante, morbida come una carezza nell’intimo.
“Cosa mi offri?” sembra uscita da un sogno, lei.
“L’inferno.”
Ride di gusto l’elementale, fermando la sua danza davanti all’uomo, ponendo le mani sulle sue. Il semplice tocco le provoca una scarica elettrica per tutto il corpo. Socchiude gli occhi, inclina il capo da un lato e suscita in lui nuovo desiderio. Ha evidentemente fatto colpo. Pochi attimi per decidere ed apre la piccola porta, di nuovo libera. Fulmineo l’altro l’afferra per la vita e se la preme addosso, prima di balzare nel vuoto e cadere in piedi come il più agile dei felini. La folla ulula. È percepibile nell’aria una leggerezza maggiore, come se la fine di quello spettacolo abbia sciolto un minimo della tensione che lo stesso ha creato. I due non li degnano di un solo sguardo, concentrati l’uno sull’altra.
“Sei bravo, ma quando?” gli mormora, stretta a lui, inspirando l’odore della sua pelle. Maschile e muschiato, inebriante. Le dita di lei affondano nella nuca, strattonano, suscitando un gemito ed un sorriso malandrino.
“Permettimi di dimostrartelo.” La stringe più forte, ma non abbastanza perché lei non possa svincolarsi e tornare libera, anguilla scivolosa.
“Vieni con me.” Ripete le sue stesse parole, un po’ canzonatoria e con una languida carezza sotto il mento lo invita a seguirla, verso l’angolo appartato che è diventata la sua dimora nelle sera di solitudine.
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 22/3/2012, 21:42




Sulla sua terra, il tempo passa molto meno velocemente che nel mondo in cui è recluso adesso, un mondo che almeno per ora gli sta dando intense vertigini e brividi a non finire. Come uno scalatore nel vuoto, si sente svuotato di ogni dubbio e pure pieno di magnifiche e nuove certezze che, pur durando solo una notte, non scompariranno mai del tutto dalla sua mente così come mai l'ha fatto lui.
Decadi passate a nascondersi negli angoli bui delle regge e dei castelli d'oro durante la sua infanzia lo aiutano ad assaporare al meglio il gioco d'inganni giostrato solo dalla sua immaginazione, tale è l'inebriante sensazione della libertà. Tanta che ne potrebbe esplodere provocando danni inimmaginabili, motivo per cui è ancora impegnato a frenarsi con l'autocontrollo rimastogli. Così tanto potere che sfrigola in un contenitore così piccolo ha bisogno di uno sfogo, ma proprio tra tutte le cose quella non può concedersi, giacchè non osa pensare alle conseguenze: l'edificio in sfascio, la rovina di chi vi sia all'interno, pensieri, ossa e carboni cancellati dal fuoco, distrutti dal ghiaccio. Quale terribile, duplice natura è la sua per non permettergli nemmeno di lasciarsi andare privo di freni, col rischio di vedere pensieri tramutarsi in illusorie e viventi realtà.
Lo spettacolo di Idunn, ben visibile dentro la gabbia sul palco attorno a cui s'accalcano gli avventori, attira tanto l'attenzione da lasciargli tutto il tempo per giocare indisturbato con gli occhi cerulei che lo seguono, vedendolo scomparire e riapparire tra la folla. Come un'apparizione inconsistente disturba più volte il suo bersaglio, sfiorandolo ridendo per dileguarsi, a volte comparendogli davanti col braccio esteso e un cenno dell'indice che gli dice di seguirlo. Lo sguardo all'apparenza ingenuo e mutato dai sentimenti di prima ora è più duro, beffardo, e squisitamente sicuro di ogni mossa.
Movimenti felini. Sciolto e con passi veloci, mai facendosi nemmeno avvicinare da chi non voglia con un'insolita capacità di contorsione, la sua figura spunta al centro della pista attirando chi non sia già occupato con la donna che balla esattamente a metri dietro di lui, ben sopra la sua testa. C'è chi preferisce uno spettacolo discreto e chi si dà da fare per farsi notare, si dice privo di preoccupazioni, e probabilmente non ha lo stesso charme dell'incantatrice - nome perfetto datole a ragion veduta - pur supponendo di sbagliarsi da certe occhiate in sua direzione. Solo una di loro, però, gli interessa davvero. Il resto è compiacersi, intento ad osservarsi attorno per brevi attimi, chiudendo gli occhi e rammentando.
Nella casa natale la sua dote nella magia e nell'illusione era vista come motivo di spettacolo, un complicato alternarsi di figure fittizie, metamorfosi, balli e canti. Un po' come un giullare, affatto fiero di trovare solo tale definizione riduttiva per il proprio intrattenimento, onorava la corte della sua presenza al cospetto del Padre, della Madre e dei fratelli, e spesso di tutti i nobili Aesi che partecipavano alle sue esibizioni mattutine apprezzate per allietare le lunghe e spesso noiose giornate, ma mai realmente benviste.
Comprensibile, contando di come ognuno pensasse ogni suo prodotto fosse come lui, una parte della sua natura deviata e non un dono. Eppure, Thomas dava tutto sè stesso in quei spettacoli complicati e deliziosi, magnificenza perfino agli occhi che tutto vedono per gli dei. Magnificenza che è proibito anche solo mostrare ai mortali e di cui lui, ebbro di indipendenza, non vede l'ora di dare dimostrazione.
Questa sua voglia prende forma come energia che si sprigiona invisibile dal corpo longilineo, pur tangibile e pregna di quell'aura di pericolosità, di spietatezza ferina che gli occhi socchiusi esprimono nell'allontanare a forza d'occhiate chi troppo gli si avvicini. Bisognoso dei propri spazi, il sudore freddo che gli imperla la fronte, sfida chiunque a stare al posto o ad osare a venirlo toccare, pur sentendo i desideri altrui impattare su di lui come punture d'ago.
Che guardino, sorride, ridendo sommesso. Alla risata non percepibile per via della musica assordante, apre le braccia ai lati del corpo generando due fiammate improvvise dalle mani. Verdi, si riflettono nei suoi occhi e in quelli degli ignari spettatori che indietreggiano spauriti all'illusione. Con lunghi passi in avanti, spaventa i più impavidi generando altro fuoco fatuo, sempre improvviso, sempre a pochissima distanza dalle loro vesti o volti. Quando ha abbastanza spazio, un cerchio di circa tre metri di raggio, inizia.
Prepara, camminando sul filo di quella circonferenza immaginaria, prendendo da una e gettando con l'altra mano altri fuochi immaginari che cadono e ardono senza pericolo alcuno. Si lascia una scia di lumini verdi, che ben presto riempiono la linea seguita un piede dopo l'altro, passo dopo passo, posizionati a venti, trenta centimetri di distanza tra loro. Ora che non c'è più l'elementale a distrarre la folla, altri sguardi lo seguono intimoriti e attratti da ciò che sentono aleggiare nell'aria.
Si posiziona al centro, in un breve attimo di raccoglimento che gli serve per visualizzare esattamente tutto ciò che andrà a fare, ogni gioco andrà a creare con destrezza e precisione affatto onubilata dall'alcool. Poi, scatta.
La sinistra passa obliquamente sul petto, l'indice che striscia sul tessuto lasciando una piccola scia di fuoco nitida e bluastra come una fiamma a gas. Arrivato al fianco, slancia le mani in alto all'improvviso e la parte superiore del vestito, la maglia di pelle incrociata, svanisce d'un colpo come bruciata in un riflesso blu. Altra paura sui volti che lo circondano, mentre inizia a muoversi sulla musica adattata da chi la manovra, danzando con rapidi gesti repentini tanto antichi quanto tribali, mescolanze di mille culture e usanze terrestri. Si sposta a destra piegato sulla gamba sinistra, l'altra tesa molto distante, e segue e ammorbidisce facendo seguire le braccia a gesti che ricordano, nella loro circolarità, l'antica arte dei tai-chi. Solo l'inizio, lascia intuire quando il torace nudo e gli arti si impreziosiscono dell'illusione di piccoli, risplendenti globi azzurrini incastonati nella pelle come gemme, alcuni dei quali anche sul viso e sulla fronte come minuscole luci.
La deformazione professionale inizia a mostrarsi quando seguendo movenze di cui solo lui conosce il significato e la bellezza, lascia scivolare fumo dalle dita in una lunga coda arzigogolata che prende prima forme di serpi e anguille e solo dopo di argentei draghi cinesi capaci di muoversi di loro sponte, che gli strisciano e si strusciano addosso al loro padrone con abilità. Altro segue, giochi di luci inesistenti e globi librati come bolle di sapone, leggeri incanti, brevi metamorfosi. Più volte, usando come espediente la strana combinazione di luminarie e zone d'ombra si trasforma, e quasi sempre nel suo alter-ego femminile giacchè divertirsi a cambiare, mutevole come l'acqua, è una delle sue doti. Una donna dai lunghi capelli bruni, un fisico sottile e pieno dov'è meglio lo sia, ogni tanto ammicca e si passa una mano sul collo sfiorando il seno florido nascosto dalla chioma, o un fianco stretto con le lunghe dita artigliate, una lunga gamba soda e agile. Apparizioni che svaniscono nel buio, dove le forme ridiventano di nuovo le sue solite, il sorriso volubile sempre presente per quanto più o meno esteso sia nella concentrazione.
Inizia a farsi man mano più veloce e agile, giocando come solo lui sa fare con la massa di muscoli e tendini guizzanti che lo compongono. Non conoscendo vergogna, anche la ragazza che è si lascia andare nella frenesia delle improvvise, inafferrabili apparizioni. L'aria crepita di potere, Thomas lo rilascia con piacere, di minuto in minuto più rapido, dando fondo all'esperienza e ad altri utilizzi del fuoco con illusioni infernali sempre più nitide e intense, sempre più vere. Il luogo intero crepita di un alto rogo che s'accende e spegne al suo volere senza ferire, i tendaggi si scompongono bruciati e si ricompongono ad ogni movimento in qualcosa che diventa una promessa di morte e non solo un complicato susseguirsi di gesti. Mentre si lascia andare le cose avvampano, cadono, tremano come gli animi impalati sul posto degli umani attorno, terrorizzati fino al piacere più sadico, i piedi incollati a terra incapaci di non seguire il suo ipnotico andare. Un rombo lontano di tuono penetra appena le sue difese, dandogli modo di capire lo spettacolo sta per terminare.
Lo fa lanciandoli tutti nell'ultima discesa verso il delirio umano. Poi, il buio.
Perfino la musica cessa, le cornee di chiunque l'abbia osservato impresse con l'immagine di un rogo umano là dove ora, mentre la luce ritorna, non c'è nient'altro che lieve fumo nell'aria. Convinti che sia stato uno dei tanti spettacoli del locale, la gente si guarda attorno per cercarlo e non trovandolo si rimette a ballare, folla di stolti di cui ha ormai impresso nelle menti il dubbio della fine imminente. Eppure essi riprendono il loro divertimento, e a lui importa solo un uomo l'abbia visto, l'uomo a cui ora sta davanti, a metri di distanza dal punto in cui allietava gli spiriti.
E' intimorito, ma non indietreggia. Lo guarda dalla testa ai piedi e Thomas s'avvicina, poggiandogli il gomito sulla spalla, le dita come pallidi ragni che s'attorcigliano ad una ciocca di grano appena ondulata e si infiltrano poi tra le ciocche stringendo.
Una lieve smorfia di dolore passa nel volto di lui, e l'illusionista sorride.
Stavolta sei fallibile anche tu, pensa, facendo per voltarsi e andarsene. Ma la sua mano lo raggiunge per il polso, lo afferra, lo ferma. Le dita piantate nella carne gli dolgono con prepotenza imprigionandolo di nuovo, ed è proprio questo che vuole sentire.
Vulnerabilità.
Vorrebbe provare a sè stesso è ancora vulnerabile a qualcosa, dopotutto. Provare è fallibile, affatto impassibile alle mani senza nome che lo trattengono. Affatto indifferente alla bottiglia che gli viene mostrata e alla forza con la quale viene trascinato via, lontano, verso le tende da cui è spuntato qualcosa come secoli prima. Trema, si lascia indirizzare.
Ora ha la vaga impressione l'abbia sempre guardato da quando è entrato, lui, ma non gli importa.
So ci sarai sempre per me, fratello.
Riconosce lo sguardo che gli ricambia. Per un attimo, è davvero lui.
Per me.
Non importa più.

CITAZIONE
Illusione: con questo potere Thomas riesce a creare un qualsiasi tipo di illusione verosimile, anche più di una alla volta se necessario e per tutto il tempo desideri. Inoltre nessuno può dissiparle contro la sua volontà, nemmeno con un oggetto magico od un potere, e non può essere ingannato da qualsiasi illusione di altra natura. Ciò gli permette di vedere chiaramente la realtà che vi si nasconde dietro.
Thomas può, con questo potere, creare anche delle illusioni che risultano reali a tutti gli effetti, ma solo se ciò riguarda esclusivamente l'ambiente (una scarpata, una montagna, una voragine, una stanza, un prato saranno percepibili come veri a tutti gli effetti rispetto ai diversi oggetti che vi possono essere all'interno, che restano delle illusioni "semplici").
[Passivo]

Metamorfosi: questo potere permette a Thomas di assumere una qualsiasi forma animale o femminile dall'aspetto corrispondente al suo. Queste forme sono reali, non illusive, quindi se toccate verranno percepite ai sensi esattamente come appaiono.
[Passivo]



Edited by 'Raven' - 22/3/2012, 23:09
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 23/3/2012, 21:59




Un rincorrersi, afferrarsi, abbandonarsi e ritrovarsi. Lei fugge, lui l'afferra, la stringe tra le sue braccia forti, muscolose, calde. Se la preme contro dandole l'impressione voglia assorbire calore dal suo corpo reso bollente dall'alcool, dall'esibizione appena eseguita, dall'eccitazione. Una smania sinistra la incita a gridargli di farle male, affinchè piacere e dolore si uniscano in un tutto esaltante. Basta pensieri, parole, obblighi, inganni. Nemmeno la musica le interessa più, persa in quegli occhi sconosciuti che le promettono quanto desiderato. Vuole innalzare il suo spirito oltre ogni cosa terrena, perdersi nell'estasi di un orgasmo violento, sciogliersi in sospiri di pena. Un braccio maschile le circonda la vita con irruenza, le dita le si conficcano nella carne fasciata dalla pelle. Geme, facendo fiorire sulle labbra maschili un sorriso malefico. Vorace si getta sulla sua bocca e la divora mordendo, selvatica ed indomabile, costringendolo a mollare le redini per seguire il suo volere. Sono attimi di fuoco. Mani e tocchi feroci che palpano, strizzano, sondano, violano. Contestazioni soffocate dal rincorrersi delle lingue spiritate, possedute dal demone della malsana passione. Sembrano voler andare oltre la carne, strusciarsi fino a trovare l'uno l'animo dell'altro e fondersi in un unico essere. Idunn si stacca per prima, ansimando, il rossetto leggermente sbavato ai bordi che viene prontamente sistemato dalle dita dell'uomo. Se fosse stata ancora Midnight non avrebbe mai ceduto alla tentazione, ostinandosi a mantenere più controllo di quanto ne abbia adesso e facendosi perseguitare da ogni paranoia possibile: i nemici in agguato, la possibilità di essere scoperta per la donna ferita che è realmente, il dubbio immenso di non essere all'altezza, la possibilità le sue scelte nuocano a chi le è caro. Cosa è cambiato, se veramente qualcosa è cambiato? Ridendo per un'azzardato tentativo d'afferrarla dello sconosciuto conseguente alla sua ennesima fuga, si dice è tempo di cedere, di spogliare il proprio io da zavorre e pesi. Prendimi! sembrano dirgli le iridi castane di lei. Allontanati! lo ammoniscono i gesti repentini e pronti, più simili a quelli di un felino che non a quelli di una donna. Cosa voglia, davvero, è mistero che la stessa demone sarà in grado di svelare solo una volta scopertolo per prima.
Sono a metà strada tra l'angolo appartato e la pista da ballo, quando rovente potere inizia a danzarle sulla pelle, provocandole brividi e lievi tremori. Crede, inizialmente, in uno scambio di energia col muscoloso compagno di giochi, ma poco le ci vuole a comprendere sta sbagliando. Verdi fuochi fatui le fanno notare l'errore. La folla tace, il brusio perpetuo di fondo è cessato per lasciar spazio alla musica adattatasi alla situazione. Più capace di un incantatore di serpenti, più agile di un acrobata, più veloce di un centometrista, il moro è la perdizione antropomorfizzata. Ognuno dei presenti torna a trattenere il fiato. Terrorizzati, ammaliati, increduli, sprovveduti dinnanzi a tanta incomprensibile bellezza, se ne stanno immobili a farsi affascinare da quel giunco dagli occhi smeraldini che ora è uomo, ora è donna, ora è vicino, ora è lontano. Danza, aggraziato e micidiale, senza che nessuno riesca a comprendere l'orrore di quanto è mostrato con tanta leggerezza. Nessuno, tranne lei. La paura avvampa, schiacciando passione e desiderio, e se non ci fosse il muscoloso uomo a tenerla ferma -petto contro schiena, in un incrocio di braccia sul suo ventre piatto- lei scatterebbe verso l'illusionista per tentare di fermarlo, o quantomeno di camuffare quell'esibizione fuori luogo. Come può mostrarsi così liberamente? È appena stata minacciata di morte, santo cielo! Ha occhi addosso ad ogni ora del giorno e della notte! È braccata come un animale raro! Ma lui non lo sa e... e un bacio sul collo le fa scappare l'ennesimo inveire silenziosamente contro il suo capo. Lotta contro se stessa per non cedere, ma al secondo affondo molla le briglie, passando il comando all'uomo. Il padrone della bocca che l'ha distratta ha inteso il suo tendersi e, scambiandolo per tensione d'incredulità, ha messo del proprio per sciogliere le contratture ed averla abbandonata a sé. Beh, c'è riuscito. Un sospiro languido, mentre Thomas avvampa e con lui metà dell'allestimento del locale, lei che si perde in quella stretta protettiva che la fa sentire al sicuro, lontana da pericoli ed avversità. Chiude gli occhi per attimi, inclinando il capo da un lato e lasciando il collo esposto alle deliziose torture dello sconosciuto. Quando li riapre l'esibizione di potere è terminata, l'energia che le ha danzato sulla pelle è stata risucchiata all'interno del legittimo proprietario e quanto accaduto diviene un qualcosa a metà strada tra un sogno in veglia e un'illusione. Lui la trascina verso i divanetti che ha abbandonato minuti prima e lei lo segue senza recriminare, domata solo perchè vuole esserlo. Una spinta e finisce schiena al velluto, i capelli a sparpagliarsi tra i cuscini ed il bracciolo, un sorriso languido a tirarle le labbra dal rossetto sbiadito. Le blocca le braccia con una sola mano, tendendogliele sopra il capo e poggiandole al bracciolo, così che non possa usare il frustino di cui mai s'è liberata, né durante l'esibizione né durante la traversata della pista. Strattona, svogliata, per saggiare la sua stretta: è salda, sicura, forte. Le farebbe anche male, forse, se non stesse ottenendo la realizzazione del suo perverso desiderio. Le preme addosso col suo intero peso, a cavalcioni sui fianchi di lei, imprigionandole bacino e gambe al tempo stesso. Non umano... Improvvisamente compare nella destra libera di lui la bottiglia d'assenzio che ha ordinato. S'avvicina pericolosa. Gocce di fuoco le finiscono in gola, inghiottisce veloce prima le vadano di traverso. Riecco l'avvampare dell'alcool, le guance a colorarsi di porpora, i nervi a distendersi.
“Sei una tentazione, così disponibile.” glielo sussurra, passandole la lingua sul mento dove un poco d'assenzio è scivolato.
“Lasciati tentare...” è la risposta laconica dell'elementale, accompagnata all'ennesimo strattone che indica non sarà paziente ancora per molto.
“Non ti piacerebbe se lo facessi. Non piace a nessuna. Mai.” s'è fatto serio, l'impressione vaga di preoccupazione ad aleggiargli attorno come un insetto fastidioso.
“Io non sono come tutte le altre...” protesta, iniziando a strascicare il finale delle parole.
Si ritrova a fissare occhi di felino. Veri occhi di felino. Screziati di una maggior quantità d'oro, impreziosiscono il verde attorno alla pupilla. Nuovo potere le pizzica i recessi di una coscienza messa a dura prova dall'alcool, nuovi brividi le corrono lungo il corpo. Un pizzicare ai polsi, un delicato ferirsi della pelle ceduta all'affondo di artigli. Veri artigli di felino. Rivoli vermigli scivolano sulla pelle rosata, appena pallida, sporcando il divanetto. È presto perchè possa intendere di essere in pericolo, i sensi intorpiditi dal liquore e dalla voglia crescente. Lui colpisce con un altro bacio rovente, lei risponde con altrettanto fervore ed il principio di preoccupazione svanisce in un agitarsi sinuoso, condito da ansimi smaniosi. La bottiglia è stata posata ed ora la stessa mano che l'ha portata via dal tavolino, l'accarezza priva di ogni inibizione. Sfiora, affonda, stringe, costringendola a trattenersi più di quanto immaginato per non ribaltare le posizioni e prendere con la forza il resto agognato. È, in fondo, più lucida di quanto possa lasciar credere.
“Chi è il tuo amico laggiù?” un mormorio roco all'orecchio destro, altro assenzio ad ammorbidirle l'animo ed a scioglierle la lingua -almeno nelle altrui speranze.
“Ti interessa?” sfrontata, libera una risatina civettuola e bassa, un fuseggiar di gatta.
“Potrebbe...” laconico, il licantropo inizia ad innervosirsi, l'autocontrollo messo a dura prova da tutto il potere che ancora aleggia tra le mura del NeverMind e la cocciutaggine della donna. Mostra un pizzico di alterazione eccessiva ed uno dei mille campanelli d'allarme della demone inizia a squillare impazzito. La mente si schiarisce, i muscoli s'appropriano di una tensione prima assente. Sì, c'è un problema grosso come una casa che le sta addosso e le limita parecchio i movimenti. Starà al gioco fino a che ne potrà godere. Cosa vuoi, bel micione?
“Vai a prenderlo allora, se preferisci lui.” parla con voce da sogno, rilassata sotto il peso che non la schiaccia abbastanza da renderle difficoltoso usare la parte bassa, ma non troppo per risultare veramente doloroso.
“Non deve fare male, non per forza.” le risponde, rinserrando la presa sui polsi delicati e tendendole le braccia abbastanza da farle percepire il pungente protestare dei muscoli tesi allo spasmo e delle articolazioni sforzate.
“Voglio che faccia male, trésor. Altrimenti sarei altrove. Mh?” gli occhi socchiusi, lo scruta con aria sorniona. La prende sicuramente in parola, anche troppo. Si ritrova a mordersi un labbro per non cedere alla tentazione di gemere. Le sta lacerando la carne con sprezzante freddezza, affondando gli artigli nelle vicinanze di delicate vene che è meglio non recidere e lui lo sa, glielo legge negli occhi illuminati di sadico piacere. Quello di chi è disposto a tutto per ottenere il desiderato.
 
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.Sconosciuto.
view post Posted on 24/3/2012, 01:10




Sono piacevoli note dolenti quelle che riceve in seguito, appassionate e letali, vivide negli occhi fiordaliso a lui noti, voluti, ricercati. Spostamenti brutali e repentini, con cui si scontrano lui viscido come una serpe e l'altro forte dei suoi muscoli, della stazza e della forza. Giochi familiari in cui ci si fa del male per volere bene, si costringe per dimostrare.
Avventati l'uno sull'altro, Thomas lo afferra violento per il colletto, l'altro gli stringe le mani sui polsi trascinandolo senza sia capace di puntare i piedi abbastanza da fermarlo, a terra. Oltrepassano scalette e tende più confortevoli, sollevate al primo piano, che non sono quelle già viste; si appropriano del loro spazio privato, furie divine fatte carne e sangue. Il biondo domina, è lui quello inerme che si lecca il sangue dei morsi dalle labbra, il profilo fiero su cui spunta un largo sorriso divertito.
Altro alcool versato in un bicchiere da cui viene costretto a bere, gettato e bloccato su un largo divanetto di pelle senza schienale, le labbra premute al bordo. Sugge, tossisce. Si sente tirare i capelli e strattonare all'indietro il capo, le mani profane su di sè, affatto gentili ma neanche prive di cure. Ride di derisione, risputa indietro ciò che gli viene fatto ingerire.
Il biondo si pulisce la faccia, sornione, e gli slaccia la maglia. Toglie la sua e gli si preme addosso di peso, mozzandogli letteralmente il fiato da tanto gli schiaccia i polmoni.
Il rombo ch'è la voce dell'altro si fa sentire, profondo, carnale. Presagisce tempesta.
Ha finalmente trovato il modo di tappargli la bocca.

Non sa quanto tempo sia passato. Non sa quanto abbia parlato e delirato, di cosa poi non se lo ricorda nemmeno. Il cervello svuotato e ammorbato dalle bevande gli sembra così leggero che potrebbe volarci, dopo tutto quello che gli è successo poi.
Mhm... Fermo e addossato all'altra spalla maschile, si lamenta del movimento del biondo. La schiena contro il suo petto, con gli occhi socchiusi si gira nella sua presa e gli cerca la vita, l'abbraccia e vi si avvinghia senza una parola. Una mano gli passa tra i capelli mori, glieli sparpaglia con delicatezza.
Passano minuti prima sia l'illusionista il primo a rialzarsi, cercando i pantaloni gettati a terra e rimettendoseli seguiti poco dopo dagli stivali. L'altro lo guarda mentre lui si riveste a tentoni, acciaccato, felicemente dolorante di morsi, tagli e graffi ricevuti. Non si lamenta affatto, dal momento era ciò che voleva ottenere.
Te ne vai di già?
Rompe il silenzio, il compare che gli sventola la maglia in pelle sotto il naso, senza ricevere più di un cenno di risposta da uno sguardo perso sul suo corpo. Alquanto discinto è anche più bello di quanto si voglia sperare ed i riflessi e il buio sembrano fare da cornice perfetta per la sua luminosità di stella caduta sulla terra. Se non fosse proprio lì, dubiterebbe sia più reale dei suoi sogni, più tangibile di un fantasma: impeccabile, avrebbe solo un rivale perfino tra gli dei, qualcuno che gli assomiglia in maniera inquietante.
In effetti, rabbrividisce Thomas, potrebbe essere il quarto figlio di loro Padre e nessuno si accorgerebbe della differenza, sia per la similitudine fisica, sia perchè in pochi osano mettersi contro il più sommo dei Padri. Lascia in bando tali pensieri per godersi ancora un attimo di pace, però, facendosi passare nel frattempo la parte di vestiario detenuta lontano da lui, rindossandola per chiuderla al fianco con, cosa inaspettata, una moderna e quasi invisibile cerniera dalle minuscole dimensioni. Fa per alzarsi da seduto quando la mano di lui, ancora disteso e ignudo, lo afferra per un braccio.
Non vuoi trattenerti ancora? Possiamo fare altro.
Parla preoccupato, forse temendo finito l'interludio tra loro sia tutto terminato. Non è così, c'è dell'altro: confusione, frustrazione, insofferenza. Non sa nemmeno lui cosa gli passa per la testa, pieno come una botte.
Perchè non mi rispondi?
Mezzo sfatto, si passa una mano sulla fronte. Scuote il capo, ma il moro non riesce a scacciare quella fastidiosa sensazione che lo assale. Il sudore freddo gli cola dalla fronte mentre pensa dovrebbe bere ancora.
Hai scelto... la persona sbagliata. Biascica, afferra bottiglia e bicchiere, si versa il contenuto fino all'orlo e lo svuota in un soffio, conscio del fatto abbia iniziato a risentire di una leggera nausea. Ecco che lì si fa sentire, la sua debolezza, col fegato che gli duole per la velenosa ubriachezza.
Non hai niente di sbagliato, davvero tenta di rassicurarlo l'altro. Il biondo si alza in piedi, lo guarda dispiaciuto. Se è per qualcosa che ti ho fatto, io credevo...
E' stato tutto perfetto. Sei stato perfetto. gli risponde interrompendolo. Cerca di centrare di nuovo il bicchiere, ma è costretto a bere a canna perchè ormai non ne distingue più i contorni. Ingoia un lungo sorso e riprende fiato, pulendosi la bocca col dorso della mano. Sono io che non vado. E... la mia testa... nel vederlo toccarsi le tempie, l'uomo si alza, si avvicina a lui. Tenta di levargli la bottiglia di mano con delicatezza e gli tocca la spalla rassicurante, non solo bello ma addirittura troppo buono. Pensa forse di esserne degno, lui, male incarnato, affascinante fuori e marcio dentro? Pensa di essere capace di sopportare tutto quel raggiare, luce che gli ruba attimi di preziosa oscurità a lui vitale? No, no.
E' solo un uomo, un mortale. Se lo ricorda, come non gli bastasse il taciuto fastidio che inizia ad ingrandirsi. Non potrà mai essere pari a lui nemmeno in secoli. Non potrà raggiungerlo in millenni, nè superarlo. Lui ha decretato la fine degli uomini e così sarà.
E allora perchè si dà adesso tanta pena per quell'essere comune e banale?
Non essere duro con te stesso. Le dita di guerriero gli toccano il mento, piano. Sei adorabile.
Il complimento lo lascia stordito, almeno quanto l'abbagliante sorriso del suo compagno a cui non può, non vuole credere. Lo osserva intontito per attimi e poi svia, guarda altrove.
Lasciami... non... fatica non solo a parlare, ma a connettere. Per favore. Si scosta, fa per andarsene e ancora viene bloccato.
Cosa stai dicendo? L'uomo lo trattiene per la spalla, ora vagamente torvo. Cosa c'è che non va?
Lasciami.
Sei ubriaco. Devi sederti.
Lasciami, ho detto.
Ti farai del male, così! Senza accorgersene, il biondo lo fa voltare in sua direzione con uno strattone un po' più forte del previsto ed ecco che il dolore arriva, secco e brutale, e gli attraversa tutto il braccio, un male che percepisce come la causa del gesto troppo brusco. Porta la sinistra alla clavicola opposta, rimanendo a boccheggiare in silenzio, l'altro si accorge dell'errore e si accinge anche a scusarsi. Non sarebbe nulla, non opporrebbe resistenza, se ne andrebbe e basta non fosse per il fatto lui lo tocca di nuovo.
Probabilmente il giovane nemmeno sa cosa provoca con quel gesto, semplicemente desideroso di scusarsi. E invece, inconsapevolmente, scatena qualcosa di improbabile. Col cervello intriso di alcool nemmeno Thomas potrebbe farci nulla o fermare, controllare, arginare l'andivieni di emozioni che lo dirigono come un burattino in balia dei suoi fili. La tanta leggerezza di prima lo tradisce, perchè in realtà è totalmente fuori controllo. Vorrebbe bloccarsi e fermare il tempo, solo non s'è accorto del vero pericolo - lui stesso - prima di adesso. Non gli umani, non il luogo, non qualsiasi altra cosa. Lui.
Il dio ingannatore non può tradire sè stesso, non può evitarlo. Non può disattivare la carica che sta per spingerlo ad esplodere. Adesso è il momento.
E adesso è troppo tardi.
Ho detto di lasciarmi, mortale!
Uno spintone. Uno e uno soltanto, e l'uomo vola sul divano all'indietro cascando di schiena, non capendo cosa gli sia successo improvvisamente. Nemmeno Thomas capisce cosa succeda, sa solo ha un bicchiere in mano, e il momento dopo ha solo il collo appuntito, spezzato.
Sono un Dio! urla, bruciante di furia. Gli sale addosso, le ginocchia piantate nella copertura, gli stringe la gola con una mano, l'altra dal braccio acciaccato sollevata con lo spuntone di cristallo impugnato come un coltello.
Come osi toccarmi senza il mio consenso? Paonazzo, chiude la morsa, asfissiandolo poco a poco. Come ti permetti di pretendere da me? Come?!
Le labbra arricciate, digrigna i denti, rabbioso come il potere che genera e che si spande attorno a lui. Qualsiasi cosa, perfino i mobili, sembra arretrare al suo cospetto.
Ti prostrerai, adesso.
Ch-
Giurerai al mio servizio.
Che... diavolo di g-gioco è questo?
Ti inginocchierai ai miei piedi.
S-sei... malato
Lo farai.
I biondi capelli sparsi sul divanetto, l'uomo lo guarda, le sue mani non abbastanza forti sulla sua che gli stringe la gola. Il moro, per nulla in sè, grida tanto da spargere saliva che gli cola anche dal labbro inferiore. Gli occhi umidi guardano, impazziti, e la parte più inconscia in sè prega lo faccia, perchè non osa guardare alle conseguenze.
Invece, il volto coperto di lieve barba si contrae tentando di trarre respiro. Ansima senza fiato più volte.
LO FARAI! Il tono già alto diventa quasi strozzato, e il silenzio cala subito dopo. Lo scuote con forza allora, cercando di far venire fuori da quel corpo una risposta, una qualsiasi. Ha sopportato per troppo il silenzio, tanto da non poterne più.
E infine, qualcosa arriva.
No.
Chiaro e forte, il rifiuto gli riverbera dentro, rimbalza tra le pareti della sua anima. Scuce vecchie ferite a cui nemmeno sta pensando, svela inenarrabili tempi passati e qualcosa di più intimo, di troppo intimo e debole in lui. A occhi sgranati, non può credere a ciò che sente. Non può credere all'ennesimo tradimento perpetrato ai propri occhi, uguale a quello infertogli dal fratello maggiore. Simili, e non solo fisicamente, mentre trabocca di furia.
E' proprio uguale a lui. Deve pagare. Deve, per questo.
E così il braccio cala.
Poi il niente.

Solo questione di un attimo, di rapidi movimenti non pensati. Non si rende conto di ciò che fa, Thomas, ma è abbastanza perchè se ne penta amaramente secondi dopo, quando riprende un minimo la lucidità e la rabbia svanisce lasciandolo vuoto e debole come un palloncino appena sgonfiato. Si trova improvvisamente a guardarsi le mani, il moro, senza capire il motivo di tanta sozzura, il perchè dello spuntone di bicchiere che tiene spasmodicamente chiuso nella destra macchiata. Quando si passa il dorso sulla faccia, altre scie insanguinate riempiono il braccio bianco schizzato di rosso.
All'improvviso, come risvegliato da uno schiocco di dita, gli pare di comprendere. Spera, prega non sia così fino a quando non abbassa gli occhi, fino a quando la realtà e l'evidenza gli saltano addosso come animali all'agguato.
Le labbra gli tremano. Gli occhi verdi, sconcertati e grandi di orrore, si riempiono di lacrime. Un singhiozzo strozzato gli esce dalla bocca. Il pezzo rotto gli cade dalle mani e raggiunge terra con un tintinnio lieve, un sogno lontano, troppo.
Fratello? chiede, con voce sottile. Prendendolo per le spalle, scuote il biondo senza risposte.
Non lasciarmi... Stavolta gli tocca il viso, lo accarezza, l'espressione piegata da un dolore immane.
Ti prego, no.
Le pallide dita macchiate di sangue colorano le ciocche di grano quando gli sostiene il capo e gli passa un braccio sulla schiena, portandolo a sè nonostante il peso notevole. Osserva gli occhi azzurri e vuoti di cui non può fare a meno, la linea degli zigomi, del naso, del mento. Le lacrime iniziano a colare copiose nell'abbracciarlo stretto, cullandone il corpo esanime ancora caldo, il dondolio ritmico che segue il mugolio di una nenia antica che conoscevano solo loro, solo lui e il primogenito.
La usavano la notte, quando rimanevano soli, spauriti e privi della luce delle candele o delle stelle. La cantavano insieme e insieme s'addormentavano, l'illusionista ancora troppo piccolo avvolto nel mantello di colui che, anni dopo, l'avrebbe deriso e allontanato.
Una volta si volevano bene, pensa. Una volta si prendeva cura di lui.
Ora non più. Ha iniziato tempo fa a far del male alle persone che gli davano senza chiedere nulla in cambio. Ha soltanto ucciso un umano, si direbbe normalmente, l'ha fatto molte volte con nulli rimorsi. Perchè questo è diverso?
La risposta l'ha impressa a fuoco nella mente, la conosce già da millenni: perchè l'ha amato senza rifiuti. Perchè l'ha accolto senza disgusti e rimpianti senza pretendere.
Cos'ha dato, in cambio, lui? La sofferenza e poi la morte, incapace di cambiare il proprio cammino.

Le pareti non riescono a fermare l'urlo straziante del moro, e se lo fanno, lo fanno solo a livello sonoro. E' però ben altro che arriva alle menti altrui, un lungo lamento, qualcosa di incomprensibile che lascia intuire solo sofferenza e disperato bisogno d'aiuto. A chi chiedere quando è ubriaco, debole, distrutto? A chi rivolgersi, se non può nemmeno sollevare da sè il corpo od utilizzare i propri doni, inservibili se non riesce a pensare?
La sua scelta è solo una, assolutamente priva di logica, azzardata, insensata.
Idunn.
Le manda un'illusione di sè stesso per avvertirla, esattamente uguale a com'è ora, talmente reale da sembrare essere tangibile. Appare all'improvviso accanto a lei, ovunque lei sia, e come ordina le comunica un breve messaggio che le dice dove salire, di fare presto.
Tanto quanto lui, la sua copia illusionaria è sconvolta, le guance bagnate, le parole sconnesse e il dolore impresso in faccia, qualcosa di viscerale che va aldilà delle emozioni umane.
La chiama in aiuto, incurante dell'umiltà. La raggiunge, la esorta ad affrettarsi, per favore, per piacere. Poi la visione sparisce con le proprie ultime parole.
Prima di crollare, le dice.
Prima di crollare.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 24/3/2012, 17:45




Fammi male... gli artigli dolgono, conficcati nella carne Non è ancora abbastanza...
E' la gelosia a spingere il licantropo a comportarsi in modo tanto irruento, indelicato. Idunn gliela legge nell'animo, la vede nei magnifici occhi animali, la percepisce nello stomaco, serpe che striscia insieme alle sue sorelle nate dal bisogno ormai indomabile. Nello scoprirla si metterebbe a ridere della propria inclinazione a pensar sempre del peggio, ma l'altro la strattona ancora e le ruba un lamento a denti stretti.
“Cosa vuoi, davvero?”
“Voglio te.”
“Mi hai già.”
“E lui?”
“E' solo un'illusione...”
Il gattone si soddisfa di quelle parole ed ammorbidisce la presa, facendo lampeggiare in un sorriso enigmatico denti affilati, da predatore. I canini le ricordano quelli di una tigre, s'accorge. È l'ultimo pensiero lucido che le balugina nella mente, quanto viene dopo è un susseguirsi di liquore ed effusioni violente. Ripetuti scambi di posizioni, un disarcionarsi reciproco fino a che si rendono conto che sta diventando troppo per essere mostrato ad ignari passanti che, con un gusto spiccato per il voyeurismo, si soffermano davanti alle cortine del loro angolo per avere uno scorcio di passione vera. Se vogliono oltrepassare il limite della decenza è consigliabile non ci siano così tanti occhi a registrare l'accaduto. Basta uno sguardo perchè si capiscano, si tirino in piedi e si trascinino, tra risate lascive e carezze ardite, al piano di sopra. Unica fermata: il bancone, dove prendono una bottiglia d'assenzio e niente altro. Lei ha scelto la stanza, il luogo di tortura nel quale rinchiudersi per ore di lungo e straziante piacere. In fondo al corridoio che separa le due ali del piano rialzato c'è una camera rifornita di ogni strumento desiderabile, compreso il necessario per rattoppare ferite, escoriazioni, ecchimosi e quanto deriverà dai giochi con cui s'accingono ad intrattenersi. Così si perdono tra dolore e piacere somministrato in parti uguali l'una all'altro, tra gemiti di protesta e di puro godimento, tra membra fuse in orgasmi violenti ed animi storditi dallo scorrere dell'assenzio. Sangue e saliva, cera e cuoio, corde e lacci, unghie e denti lasciano segni sui loro corpi più coriacei di quelli di un umano e meglio disposti a sopportare trattamenti che la massa giudicherebbe atroci. Sciocchi perbenisti, non hanno idea di cosa si perdano trincerandosi dietro convinzioni e costumi che hanno del medioevale, per non dire preistorico. Ma si accontentano, loro, delle vite piatte e misere che conducono, della nullità che li caratterizza ancor più del colore della pelle, dell'etnia, o del lavoro che svolgono. Ha scelto di unirsi a Thomas perchè non ha mai creduto il genere umano abbia altro da aggiungere, ridottosi alla sola capacità di distruggere il mondo che chissà chi gli ha messo tra le mani con le migliori delle intenzioni. Certo, le eccezioni non mancano, ma si sa quelle pagano sempre il prezzo più caro per la stupidità altrui. Mai l'è interessato dell'opinione dei bambocci di un Dio che si sono inventati per dare una ragione alle misere esistenze che portano avanti di mala voglia e di certo non inizierà adesso, libera e fiera come si è riscoperta.

Sprofondati in un torpore vigile, le membra ancora aggrovigliate tra loro, sono stesi tra morbidi cuscini al centro della stanza. Lui totalmente nudo, lei con indosso solo il bustino di pelle -giudicato troppo erotico per essere tolto-, hanno il petto ancora sconquassato da ansimi figli dell'ultima 'capriola'. Il tempo ha perso di attrattiva e si è ridotto ad essere un ticchettare silenzioso, ignorato da entrambi che ora poco si preoccupano sia passata un'ora o dieci. Idunn è stesa su un futon matrimoniale color crema, appoggiata per metà a lui che giocherella assonnato con le lunghe ciocche mogane tirate, maltrattate quando così doveva essere. Gli carezza distratta un braccio in punta di dita, sfiorando i graffi che gli ha procurato senza bisogno di richiamare gli artigli. Ogni muscolo si lamenta in un'eco di sottofondo, dalle braccia ai piedi, ogni articolazione scricchiola sfruttata in malo modo ed è tuttavia insufficiente a cancellarle dal viso l'espressione beata che è affiorata appena ha trovato riposo tra le braccia possenti del licantropo. Al limite tra il sonno e la veglia, si lascia cullare dal possente battito dell'altrui cuore che, trovato quanto desiderato, è nettamente più leggero e quieto. Appagata, stanca, rilassata e soddisfatta potrebbe restare nella posizione in cui si trova per il resto della vita, godendo della morbidezza del corpo altrui così come ha goduto delle sua forza. L'alcool ad annebbiarle la mente quel tanto che basta da tenere lontano ogni pensiero. Dovrei farlo più spesso, si dice cercandogli le labbra per un bacio casto che ha ancora un po' sapore di sangue. Lui risponde, abbandonato, si gira su un fianco e l'avvolge, stringendosela addosso con fare protettivo. Una vaga sensazione di disagio la colpisce allo stomaco e tenta blandamente di svincolarsi, ma è resa scoordinata dalla stanchezza e dall'ubriachezza.
“Ne hai sopportate d'ogni ed adesso t'infastidisce un semplice abbraccio?” Il lican ride, divertito, con nella voce quella nota bassa che gli uomini assumono quando le donne fanno qualcosa di carino e dannatamente femminile.
La demone avvampa, per quanto possibile, e nasconde il viso nell'incavo del suo collo, respirando il profumo della sua pelle. “Ti preferivo quando gridavi di dolore.” mormora, più sul serio che sullo scherzoso. Lui non desiste e continua a tenerla così, come fosse una bambina e non colei che gli ha confuso nella mente il limite tra piacevole ed insopportabile. Dotato di una dolcezza che dubitava qualcuno avrebbe mai pensato d'usarle -soprattutto dopo averla incontrata in un simile locale-, si lascia andare ad un sospiro e smette di recriminare, godendosi il tepore dell'altrui vitalità che va a lenire quelle ferite più profonde che non sono state cancellate insieme a ricordi e memorie. Una carezza calda sull'animo ammaccato. Chiude gli occhi, scivolando in un sonno leggero, trasformandosi proprio nella creatura bisognosa d'attenzioni che il suo compagno vede in lei. Di nuovo in tempo scorre via a briglie sciolte, senza misura possibile. In realtà trascorrere solo una mezz'oretta in quello stato, con lui che la osserva e la veglia intenerito, ma è sufficiente a farla recuperare in lucidità ed a sbatterle in faccia l'ennesimo scherzo del destino.
Un momento prima che Thomas le appaia davanti le palpebre ancora abbassate, uno strazio immenso ed eterno l'assale, soffocandola. È reale, è un sogno? Le viene la pelle d'oca e l'illusionista compare a dare un volto a quello stracciato sentimento che ora sa essere suo. È lì, accanto a lei, eppure non c'è -ne è solo lontanamente consapevole per indizio della sua parte più razionale che sa le loro strade si sono divise quando lui ha voluto andare alla ricerca della giusta compagnia. Vede il volto straziato, rigato di lacrime e sporco di sbuffi di sangue, gli occhi verdi colmi del più acceso terrore, le labbra tirate in un pallore disumano. Indicazioni si riversano nella mente di lei che indicano dove trovarlo e successivo è l'incitamento a fare in fretta. Prima di crollare. Spalanca lo sguardo, terrorizzato per aver empatizzato troppo e senza dare una spiegazione degna di logica, scosta bruscamente l'uomo da sé e si riveste del poco che le manca, con movimenti molto più puliti di quanto fossero prima. L'adrenalina che viene messa in circolo le rende altra lucidità, non importa quanto abbia bevuto. Lui viene preso talmente in contropiede che non sa come reagire ed allora rimane a guardarla, incredulo.
“Cosa...?” sconcerto nella voce e nell'espressione di lui, che si tira su un gomito a guardarla stralunato.
“Devo andare.” asciutta, gli comunica le proprie intenzioni senza troppe cerimonie.
“Perchè?”
“Questo non ti riguarda.”
“Io credevo...”
“Ti sbagliavi.”
Ed è alla porta, accanto alla quale si sofferma a recuperare, da un tavolino posato lì accanto, un paio di salviette con cui si pulisce le mani ed i graffi più evidenti, il peggiore dei quali sta sul collo a svettare sul colorito roseo della sua pelle. Getta l'usato nel cestino, si lega di nuovo i capelli scarmigliati dandogli la schiena, gli lancia un ultimo sguardo in tralice e sparisce oltre la porta. Non la rivedrà mai più, se è fortunato. Nel caso non lo fosse... beh, lei spera almeno si eviti l'atteggiamento da adolescente ferito. Ha ottenuto quanto voluto, oltre è sempre meglio non andare.

La terza sulla sinistra, oltre l'accesso, la numero sette.
Passano forse cinque minuti da quando a ricevuto il messaggio dell'illusionista a quando si ferma davanti alla porta. Cosa mai potrà essere successo? Cosa può averlo costretto a chiamarla con tanta urgenza? Cosa è stato in grado di suscitare in lui un simile orrore? Ha un pessimo, tremendo presentimento e la sensazione si fa ancora più forte non appena poggia la destra sulla maniglia, facendola ruotare ed aprendo così lo stipite. Entra, se lo richiude alle spalle con uno scatto di chiave. Il primo dei cinque sensi ad essere coinvolto è l'olfatto: l'odore del sangue è tanto forte da farle storcere il naso e costringerla a reprimere l'istinto di coprirselo con una mano. Può essere eccitante, certo, ma perde il suo fascino se è accompagnato dall'ombra della morte -anche questo ha le sue eccezioni, ma non al momento. Un nodo fastidioso le stringe la gola, facendole temere ciò che si dimostra essere l'accaduto. Affonda gli artigli metapsichici nella freddezza che ha acquisito facendo per anni la mercenaria, accantona le emozioni e si lancia nell'osservazione critica, nella calma immota ed imperturbabile. Il senso secondo è la vista: Thomas, di tutto punto vestito, se ne sta aggrappato ad un corpo nudo i cui dettagli sono coperti dalla schiena di lui che è rivolta in sua direzione. Sta chino in avanti, ciondolando e mormorando una nenia atrocemente delicata per lo scenario che ha davanti. Cauta si avvicina, mormorando il suo nome con tono basso e carezzevole, come quello di una madre che chiami il proprio figlio preda di un incubo per quietarlo. Gli gira attorno, arrivandogli davanti. Il cadavere fissa il vuoto con magnifici occhi color del cielo di prima estate e l'illusionista fissa quest'ultimo al pari di un preziosissimo e carissimo monile che si è rotto, per colpa propria. Nota come siano opposti i due, nonostante il sangue che li insozza in abbondanza, in ogni singolo dettaglio. Lui lo regge con terribile smania e gli legge nello sguardo perso il desiderio si risvegli, ma intuisce non è possibile. È importante, per lui, ma per quale motivo? È solo un uomo... Allunga una mano, tasta il collo al biondo alla ricerca della più fievole delle pulsazioni, ma non la trova. È morto. La spiegazione è una sola, difficile da ammettere ma evidente per chi abbia mai avuto a che fare con l'instabilità del moro. Scarta a priori l'ipotesi dell'aggressione, avendo provato il potere celato in quel corpo di giunco.
Lo chiama ancora, ancora ed ancora cercando di ottenere la sua attenzione, ma invano. È lì, eppure non c'è, perso in se stesso. Pur ricordando non gradisca il contatto, infine si decide a toccarlo, posandogli una mano sull'avambraccio la cui mano finisce affondata negli altrui capelli di grano e stringendo appena. “Loki...” tenta col suo vero nome “Dimmi cos'è successo.” Lo può immaginare, ma le mancano per l'ennesima volta le motivazioni che lo hanno spinto a tanto, incomprensibili a lei. Inoltre è il modo più delicato che trova per tentare di rompere la diga entro cui il dio del caos trattiene tutto se stesso, pronta ad affrontare l'ondata che ne seguirà e consapevole sia l'unico modo per riaverlo.
 
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