| Un rapido bussare alla porta, neanche l'attesa di un istante, e la porta si aprì. L'apparente giovane ragazzo, gli occhi antichi come cimelio di famiglia, distolse il volto dalle sue scartoffie, alla sua scrivania. Lo sguardo, inizialmente sorpreso per la fretta del bussare e del varcare la soglia, si calmarono quando riconobbe l'espressione crucciata della sua segretaria, Eliza. La brunetta dal sedere alto e sodo entrò con un voluminoso plico nell'ufficio del suo capo, i tacchi che rumoreggiavano sul pavimento in marmo. Senza distogliere lo sguardo dal viso e, scendendo, dai fianchi della formosa trentenne, una mano andò a coprire con dei fogli l'I-pad con cui stava giocando ad "hungry birds". Era un campione, ormai. La segretaria lo raggiunse alla sua imponente scrivania in mogano, semplici, senza particolari addobbi e senza foto che ritraessero la sua famiglia. L'avvocato Cooper appoggiò la schiena alla sedia in pelle dall'alto schienale, osservando quasi sconfitto la donna. Quel passo e quell'espressione poteva significare solo una cosa: un nuovo stupido caso noioso e lungo. Forse era meglio se si dava al Penale, almeno avrebbe pensato di meno al suicidio ad ogni ingresso di "culo d'oro", come egli aveva silenziosamente rinominato Eliza. -Dottore, ha richiamato il signor Cavendish per la pratica "Hustings". Gli vuole fare causa di nuovo.- disse con la sua solita voce annoiata la donna, appoggiando sopra l'I-Pad il grosso mucchio di pratiche. Leon bestemmiò mentalmente: non aveva messo in pausa il gioco, avrebbe perso tutti i punti totalizzati. Niente record, per quel giorno. La ragazza rimase in attesa di una risposta, con la sua solita pazienza. Coop sospirò, un velo di sorriso che gli segnava le sottili labbra. -Ci penserò domani, Eliza, ora mi sono rotto le scatole. Vattene a casa, per oggi basta.- Le disse sorridendo con un lato della bocca, lo sguardo che scese dagli occhi profondi di lei alla scollatura della camicetta non particolarmente provocante. Ok, erano parecchi giorni che non usciva, aveva dei bisogni. Leon ringraziò la magia che gli aveva concesso un corpo ancora giovane nonostante la sua età. Però, mai mischiare il sesso col lavoro, si creano solo guai e imbarazzi. Quasi stizzita girò sui tacchi e ripercorse per la lunghezza l'ufficio del suo capo, uscendo dalla stanza. Il suo ancheggiare fece accaldare Leon nonostante l'insistente funzionamento dell'aria condizionata. Il calore di metà luglio avrebbe potuto friggerlo sul posto, e lui aveva proprio bisogno di prendersi una vacanza. Una lunga vacanza. Ma non per quel giorno. Quel giorno sarebbe andato al mare, poco lontano da lì. Fece chiudere tutto ad Eliza, ed andò a casa, per farsi la borsa del mare. Ci si mise poco a cambiarsi, in un borsone ci mise tutto l'occorrente ed andò al mare, con la macchina. Parcheggiato non troppo lontano dalla sabbia, andò dritto senza una meta particolare. In quel punto sapeva non ci avrebbe trovato tanta gente, soprattutto in infrasettimanale, e dopotutto la città in cui viveva non era quella che più si poteva definire "meta di vacanze". Quanta voglia aveva di farsi un bel viaggio! Ma non da solo, ne aveva fatti ormai troppi! Con una bella ragazza! Sì, un viaggetto romantico, che so, a Parigi, o a Stoccolma! Raggiunse quasi la riva, nonostante le infradito sentiva la sabbia scottare. Gli occhiali da sole firmati Persol gli proteggevano gli occhi, ma era sicuro che la sua chiara pelle si sarebbe ustionata con quel caldo sole. Poggiò in terra la sacca osservando poche persone che nuotavano con allegria in acqua. Doveva essere caldissima, forse dopo avrebbe fatto un bagno. Non si rese conto della giovane donna sdraiata a forse due metri da lui, intento com'era a guardare il mare. Distolse lo sguardo da quello, si chinò per aprire la sacca e vi tirò fuori un telo da mare dal colore beige, in modo da non attirare troppo sole, che stese sulla sabbia bollente. Posò gli occhiali da sole stringendo leggermente gli occhi al sole, e si tolse la maglietta a maniche corte, ponendola con poco ordine nella sacca. Di pantaloni portava già il costume, lungo fin poco sopra il ginocchio, interamente nero con eccezione di alcune scritte gialle sulla coscia sinistra. Senza rimettersi gli occhiali, si chinò poi per prendere la crema protettiva, che si spalmò su tutto il corpo, senza fare eccezioni. Non era una persona particolarmente vanitosa, solo che ci teneva al suo aspetto, ed evitare di diventare rosso come un gambero poteva aiutare la socializzazione. All'indice della mano sinistra aveva il vettore, l'anello che gli permetteva di canalizzare il potere, sulla schiena, un vasto tatuaggio sull'interezza scapolare brillava al sole, incurante dei pericoli, pronto. Il problema, era che era solo, non si poteva spalmare la crema sulla schiena come i contorsionisti. Fece scoccare lo sguardo da una parte all'altra. Poco lontano da lui, c'era una signora anziana sotto un ombrellone che russava beata. Non era il caso di infastidirla, non voleva sentire lamentele. Dalla parte opposta, a un paio di metri da lui, la mascella rischiò di schiodarglisi. Sdraiata supina sul proprio telo, ad abbronzarsi come una lucertola, c'era una ragazza giovane, pareva non superasse di molto la ventina, i lunghi capelli scuri le coprivano la schiena e scendevano sulla propria sinistra. Le forme morbide e color caramello disegnavano un corpo perfetto, le gambe lunghe e muscolose, da sportiva, la vita stretta e snella, il fondoschiena perfettamente disegnato, come quello delle statue di marmo, ma più bello. Il costume da bagno blu elettrico risaltava potente in confronto alla pelle brillante e pronta ad abbronzarsi. Una di quelle che chiamano "bellezze mediterranee", no? In confronto a lei, lui era schifosamente bianco, soprattutto in onore delle sue origini asiatiche. Nota positiva: estrema magrezza resa irresistibile dai muscoli ben definiti, dono di tante faticose ore di allenamento in sala pesi. Che dilemma: farsi palmare la crema da una nonnetta addormentata e sbavante o da una super modella/dea scesa sulla terra per far uscire gli occhi dalle orbite di Leon. Ritirò mentalmente in bocca la lingua che ormai aveva raggiunto la sabbia, e si avvicinò, la solita faccia da schiaffi sorridente. La raggiunse senza farle ombra, silenzioso, sorridente. Si chinò in ginocchio, delle leggere goccioline di acqua o di sudore imperlavano la pelle caramello della ragazza. -Scusi signorina, non è che potrebbe aiutarmi a mettermi la crema sulla schiena...? Mi capisca, non ci arrivo...- le disse, la voce seducente, impregnata di magia, lo sguardo acceso, il sorriso incantevole che gli illuminavano il bel volto vagamente asiatico.
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