Anderville GDR

Chimica 101

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Lil' Hendrix
view post Posted on 13/4/2012, 22:19




Un altro lunedì. L'ultimo di una lunga serie di cui ancora non si vedeva la fine. Sebbene a Seth piacesse il suo lavoro all'Università e insegnare la materia che adorava lo riempiva di gioia, il solo atto di svegliarsi il lunedì mattina era peggio di quando per allenamento, Tom gli faceva lanciare scosse dopo scosse fino allo sfinimento. Sebbene ogni mattina si riproponesse di rimanere a letto, in quel caldo abbraccio dato dalle coperte, ogni volta trovava la forza di alzarsi. Per sua fortuna, godeva del vantaggio di non dover passare dallo stato di dormiveglia per arrivare a quello di veglia. Una volta in piedi si ricaricava istantaneamente. Dopo essersi alzato si diresse in bagno a farsi una doccia. Sotto lo scrosciare dell'acqua calda lo sguardo gli cadde sull'anello che portava al dito. Aveva ormai preso l'abitudine di non toglierlo nemmeno per andare a dormire. Talvolta, ad anni di distanza, gli sembrava ancora strano come la sua vita avesse preso una piega del tutto inaspettata nell'arco di poche settimane. Quando ebbe finito di lavarsi ed asciugarsi, si diresse all'armadio, dove l'attendeva la sua non molto vasta gamma di vestiario. Dato che doveva recarsi in aula, prese una delle sue giacche nere e una camicia bianca, abbinandoli con un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica. Spesso i colleghi gli chiedevano il perché di quell'abbigliamento così poco professionale, ma lui non ci vedeva nulla di strano nel vestire sportivo anziché in giacca e cravatta come altri professori. Una volta vestitosi cominciò il suo rituale di controllo. Prese il suo orologio, la penna e la collana, dando ad ognuno di essi il loro solito posto. Dopodiché prese portafoglio, cellulare e il mazzo di chiavi. Si mise addosso il suo giubbotto da motociclista, un paio di guanti ed uscì fuori. Dopo aver chiuso tutte le serrature si diresse in garage, dove l'aspettava la sua Yamaha. Si infilò il casco e partì in direzione della facoltà. Seth abitava nella zona medio-alta della città e distava una decina di minuti a moto dall'Università. Quando arrivò all'Ateneo, parcheggiò la moto nel suo solito posto accanto ad una siepe. Guardando l'orologio notò che aveva ancora una mezz'ora buona prima dell'inizio della lezione odierna, così decise di fare un salto al bar davanti alla facoltà dove faceva spesso e volentieri colazione. Non appena entrato la signora dietro al bancone lo riconobbe all'istante, rivolgendogli un ampio sorriso.

- Buongiorno professore. Il solito immagino. -

Seth ricambiò il sorriso rievuto e si affrettò a rispondere.

- Grazie Beth. Tu si che mi conosci. -

Beth, la cameriera si spostò dietro al bancone delle paste, dove una sfoglia alle mele ancora calda era stata preparata appositamente per quel momento. La signora gliela porse e Seth cominciò a gustarsela. Da quando quel bar aveva aperto 6 anni prima, erano pochissime le volte che Seth non vi si recava e ormai conosceva a menadito la storia della signora Melany. Beth si girò di nuovo, offrendo al professore un tazzina di caffè fumante. Da quando era stato in Italia s'era innamorato dell'espresso e guarda caso, quello era uno dei pochi bar che lo preparava a regola d'arte. Una volta consumata la sua colazione pagò con gli spiccioli che aveva in tasca, rivolse un saluto a Beth e uscì diretto a lezione. Nel tragitto dal bar alla facoltà si legò i capelli come era solito fare in una coda di cavallo. Una volta entrato in facoltà cominciò il classico scambio di saluti tra professori e con gli alunni che incontrava per i corridoi. Oramai conosceva a menadito il percorso da compiere e andava quasi in automatico. Una volta giunto davanti alla classe, entrò e si rivolse agli alunni che già vi si trovavano.

- Buongiorno ragazzi. -

Quasi tutti i presenti ricambiarono in coro il saluto, mentre altri si resero conto solo in quel momento che la lezione era iniziata. Solitamente Seth faceva uso del computer dove preparava le sue slide, ma per la lezione odierna non ve n'era bisogno. D'altronde era una classe del primo anno e i concetti che avrebbe spiegato erano gli ultimi del programma. Si voltò verso la lavagna per scrivere l'argomento generale della lezione che avrebbe trattato la teoria degli orbitali molecolari. Dopodiché si rigirò verso i ragazzi e cominciò la spiegazione. Il corso durò solo un'ora e mezza, invece delle due canoniche, alla fine della quale, Seth congedò gli alunni.

- Con questo finisce il corso di Chimica 101. Gli appelli scritti si terranno il 16 luglio e poi a settembre. Per gli orali mandatemi una mail e li organizzeremo insieme. Per chi avesse dei dubbi mi trova tutti i giorni nel mio ufficio. Mi raccomando svagatevi un po' durante le vacanze, non studiate e basta. Arrivederci! -

Dopodiché uscì dall'aula e si diresse al terzo piano dove aveva il suo studio. La stanza non era molto ampia, ma per una persona bastava e avanzava. Al suo interno, oltre ad una scrivania e ad una poltrona, v'era un armadietto dove Seth conservava i documenti importanti, una finestra per prendere un po' d'aria e una lavagna bianca con due pennarelli neri per eventuali "ispirazioni". Una volta entratovi vide ciò che temeva, pile di fogli da firmare per ordini di laboratorio, tirocini, lauree e così via. Rassegnato al suo destino si accomodò dietro la sua scrivania accanto alla finestra, tirò fuori la sua Mont Blanc modello Skeleton, regalo di laurea e cominciò ad affrontare l'enorme pila di fogli.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 14/4/2012, 11:08




A mali estremi, estremi rimedi e se per estremi rimedi s’intende andare a recuperare tra le aule universitarie uno dei suoi clienti che tenta di fare il furbo a lei poco importa. A lavoro eseguito si paga, poche storie. Dato Idunn sa come fare il proprio lavoro e sa di averlo fatto egregiamente -un morto, nessuna traccia-, adesso può pretendere i soldi. Ha forse l’aria di una crocerossina o di una missionaria? Affatto! E dire lo aveva avvisato, durante il loro primo incontro, di quali sono le sue regole ineludibili. Tentare di metterla sotto scacco significa attirare una quantità di problemi tali da far impallidire chiunque e lo sciocco di turno lo sta capendo a proprie spese.
“I miei soldi, dolcezza.” Il trio di coltellini da lancio che le orna la mancina è praticamente di scena, ma pare fare il suo effetto sullo stolto. Chi è? Un professorotto, nonché imprenditore di un’industria chimica sulla via del fallimento, che ha fatto il passo più lungo della propria gamba, sulla cinquantina, con una pancia tanto imponente da rendere evidente la gola sia il suo peccato preferito. Ah, detesta simili uomini: fanno i gradassi ostentando una sicurezza che non gli è propria e poi quando devono tirare fuori gli attributi si dimostrano dei vigliacchi.
“Dammi ancora qualche giorno, ti prego.” gli trema la voce “Ho… famiglia. I-io… Devi capire…” la fissa sgomento, avendo finito tutte le scuse del caso, i grandi occhi da topo a riempirsi di lacrime.
“Scopri adesso i valori della famiglia? Non mi sembra tu ti sia preoccupato di quella altrui, quando mi hai chiesto di uccidere il tuo concorrente.” irriverente e sarcastica, gli sta seduta sulla scrivania a brevissima distanza. Una gamba sul piano del tavolo e l’altra -la sinistra, quella sfigurata- a fare da puntello sul pavimento. Si china verso di lui, arrivandogli ad un soffio dall’altrui muso “Voglio i miei soldi e li voglio adesso.”
“Non li ho! Non li ho, dannazione!” teso, sotto pressione alza la voce fino a farla assomigliare ad un gridolino stridulo da adolescente.
“Sssh. Vorrai forse che uno dei tuoi colleghi ti senta e scopra il verme che sei?” se la prende con tutta calma, la porta di accesso alla stanza in cui si trovano è chiusa a chiave. Inizia a pensare sia il caso di sbarazzarsi del problema tagliandogli la gola, sta iniziando a sudare come un maiale e, per conseguenza, a puzzare in modo altrettanto fetido. Però la cautela non è mai troppa e l’elementale non ha affatto voglia di attirare attenzioni indesiderate, rischiando di doversela vedere con qualche paladino improvvisato. Meglio temporeggiare, senza escludere la possibilità di attenderlo nei paraggi fino a sera e poi zittirlo una volta per tutte a sole calato. “Voglio essere buona” un eufemismo, ovviamente “Hai ventiquattr’ore di tempo per trovarli, fattele bastare e non provare a fregarmi. Né la polizia né il miglior segugio tu possa assoldare riuscirà a prendermi. Io sono la migliore del settore e credimi se ti dico non ti conviene avermi come nemica. Stai rischiando grosso, tienilo a mente.” gli rifila un’occhiata glaciale ed un adorabile sorriso, mentre il trio di lame scompare chissà dove e lei torna in piedi. Gli volta le spalle, s’avvia alla porta e fa scattare la serratura lasciandogli un ultimo avvertimento “So dove vivi, so più di quanto tu possa immaginare…” prima di sparire oltre l’uscio. Non si preoccupa di intimargli di tenere la bocca chiusa, anche riuscisse a chiamare qualcuno lei sarebbe fuori da lì prima dell’arrivo di chicchessia.
Ecco che smette la maschera di assassina e indossa quella di donna qualunque. Abbigliata con una camicetta in cotone bianco smanicata, shorts in jeans ed un paio di scarpe in vernice nera dal tacco accettabile, può sembrare nulla più che una delle tante studentesse che s’aggirano tranquille per la facoltà. A quel piano il via vai di professori, studenti, assistenti e compagnia è un po’ più attenuato, ma nella zona in cui ci sono le aule è impossibile camminare senza essere urtati. Meglio così, non ama i contatti indesiderati. Tuttavia la confusione può esserle utile per passare inosservata. Imbocca un corridoio guardandosi attorno con fare curioso, notando sguardi a metà tra il raccapricciato ed il lussurioso rivolgersi a lei nella speranza di non essere visti –ha lasciato le proprie cicatrici belle in vista, forse per spaventare il professore, forse perché semplicemente le andava così quella mattina quando è uscita di casa. Comunque c’è abituata, quasi nemmeno li nota e preferisce ponderare l’eventualità di tornare al proprio appartamento per farsi una bella doccia fresca. La bella stagione ha portato con sé anche un caldo a umido e soffocante, più fastidioso che insopportabile.

 
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Lil' Hendrix
view post Posted on 14/4/2012, 22:38




Seth si trovava immerso nelle scartoffie da ormai più di un'ora. Sembrava che la fine non arrivasse mai, finchè non trovò la scusa perfetta per staccare da quella monotonia. Stava per apporre la sua firma su quello che credeva l'ennesimo orinde, quando si accorse che non era quello che pensava. In realtà si trattava di una raccomandata diretta ad uno dei suoi colleghi. Probabilmente la portinaia lo aveva messo assieme alla sua posta senza rendersene conto. Riprese con sé la sua penna e fece per alzarsi dalla sedia. Alzandosi dalla sedia cominciò a benedire mentalmente quella donna che aveva commesso l'errore. Non ne poteva veramente più di tutte quelle scartoffie. Dopo essere uscito dalla stanza con la raccomandata sotto braccio chiuse la porta dietro di sé. Cominciando ad incamminarsi lungo il corridoio, fece più attenzione al nome sulla busta.

§ Uhm... Robertson, pensavo se ne fosse andato... §

Il destinatario del plico era un vecchio professore, divenuto un imprenditore nell'industria chimica una decina di anni fa. Recentemente una sua azienda rivale lo aveva surclassato e adesso si trovava molto vicino alla bancarotta. Lo studio del suo collega si trovava al piano superiore e Seth vi si diresse velocemente. Al quarto piano dove si trovava non c'era un grande via vai, il corridoio era quasi del tutto vuoto. Quando fu davanti alla porta fece per bussare, ma qualcosa che sentì dall'interno della stanza lo fermò. Un frammetto di una conversazione. Anche se era non conosceva il resto del discorso, l'argomento era facilmente intuibile.

“Voglio i miei soldi e li voglio adesso.”

“Non li ho! Non li ho, dannazione!”

“Sssh. Vorrai forse che uno dei tuoi colleghi ti senta e scopra il verme che sei?”

Ci fu un attimo di pausa, nel quale Seth non aveva idea di cosa stesse avvenendo all'interno della stanza.
Poco dopo, però, la voce femminile riprese a parlare.

“Hai ventiquattr’ore di tempo per trovarli, fattele bastare e non provare a fregarmi. Né la polizia né il miglior segugio tu possa assoldare riuscirà a prendermi. Io sono la migliore del settore e credimi se ti dico non ti conviene avermi come nemica. Stai rischiando grosso, tienilo a mente.”

Dall'interno si sentirono dei passi e poi lo scattare della serratura. Seth si allontanò dalla porta cercando di non fare troppo rumore. Si nascose dietro uno degli angoli vicino alla porta ed attese che la misteriosa interlocutrice si rivelasse. Non dovette attendere molto perché avvenisse ciò. Dalla stanza uscì quella che sembrava una studentessa vestita con una camicetta bianca, shorts e scarpe in vernice. Cercando di non farsi notare dalla ragazza e tenendosi abbastanza lontano da lei, cominciò a seguirla. Passando davanti alla porta del suo collega lanciò la busta per terra davanti ad essa e tornò a concentrarsi sulla ragazza. Oramai era deciso a seguirla per andare in fondo a quella storia.
 
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Midnight_Rose
view post Posted on 15/5/2012, 20:25




È così difficile mantenere un impegno preso?
Insomma, se si chiedono i servigi sul miglior mercenario sulla piazza non si può mica pretendere lavori per la gloria! Ci si può accontentare di uno dei suoi tanti colleghi, piuttosto mediocri ma in grado di portare a termine un lavoro del genere! Mannò, figurarsi! E dire lo aveva avvisato... Inizia a domandarsi se ci sia qualcosa nel cervello dei comuni umani che li rende incapaci di soppesare e ponderare le scelte che compiono e relative conseguenze. Al professorotto è andata anche bene, visto avrebbe potuto senza troppi sforzi metterlo a tacere con maniere tutt'altro che ortodosse. Patetico. Osa addirittura supplicare! Gli avrebbe volentieri strappato la lingua, ma sarebbe risultata una scelta sconveniente: le grida avrebbero attirato attenzione, il sangue l'avrebbe insozzata, qualcuno sarebbe potuto giungere e portar rogne. Come si suol dire: la pazienza è la virtù dei forti. Peccato che quella dell'elementale tenda ad essere piuttosto scarsa in casi del genere.
Si scrolla di dosso il mezzo malumore che il giro a vuoto le ha provocato e lascia vagare lo sguardo tra i corridoi, le porte delle aule chiuse che ne riflettono la figura snella e femminile poiché dotate di vetri. Svolta dopo svolta, angolo dopo angolo nota un'ombra che da svariati minuti -se la sta prendendo comoda, concedendosi un tour per gli infiniti cunicoli della facoltà. Un molesto formicolio sulla nuca la infastidisce, a mo' di un dispettoso folletto e può scacciarlo, ignorarlo quanto le pare, ma si conosce abbastanza bene da sapere che se non si darà retta non avrà pace. Non c'è distanza che tenga, riesce a percepire uno sguardo puntato su di sé anche se a distanza, talvolta anche se invisibile -nelle sue giornate migliori, per così dire. Lo intravede un paio di volte, impossibilitata a carpirne tratti e dettagli, le superfici riflettenti non sono così bonarie. Idunn è una donna sicura, tanto sicura da rasentare la sfrontatezza il più delle volte ed il rischio di rimetterci la pelle -come dimostrano le cicatrici che la sfigurano, bellamente in vista. Ha solo bisogno di una certezza e la ottiene infilandosi per gli svincoli meno frequentati, salendo e scendendo scalini a casaccio senza porre troppa attenzione alla direzione presa dai suoi piedi. In tutto questo, una sola costante: eco di passi altrui che ha individuato per cadenza e ritmo, che si sovrappongono ai propri nel chiaro segno di chi sta seguendo. È l'udito che la guida.
Di punto in bianco si blocca e si volta. È giunta alla fine di un corridoio lungo una ventina di metri e senza ingressi in qualsivoglia stanza od aula che sia. Ha alle spalle una porta con maniglione antipatico, su cui hanno incollato un graziosissimo cartello rosso con su scritto 'attenzione: uscita di emergenza'. Ha anche il fato dalla sua, a quanto pare -sempre meglio avere un piano B ed una via di fuga è il migliore che si possa avere. Si ferma, le braccia incrociate sotto i senti e lo sguardo rivolto verso l'unico punto dal quale potrebbe arrivare il curiosone di turno. Appare quieta ed indifferente, quasi sia finita di lì per un caso fortuito -cosa che, in parte, è anche vera. Tiene le gambe appena piegate, pronte allo scatto e già nella mente ha chiaro quale sarà la prima arma che impugnerà nel caso diventi necessario. Come in un'astuta partita di scacchi ha mosso il proprio pezzo, ora è il turno del suo avversario.
 
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Lil' Hendrix
view post Posted on 20/5/2012, 21:28




Cercando di mantenersi sempre a distanza di sicurezza, Seth continuava a pedinare la ragazza. Fin da subito aveva percepito in lei qualcosa di strano. Primo indizio erano le cicatrici, segno di lotte continue, lasciate in bella vista, forse volutamente. Anche se quei segni erano particolari, il discorso che aveva udito nella stanza del suo collega lo aveva spinto ad indagare. Inizialmente, sembrava che la ragazza seguisse un percorso lungo, come se non conoscesse il luogo in cui si trovava. In quel periodo l'Ateneo non era molto popolato, quindi Seth non correva il rischio di venir salutato da suoi studenti, i quali avrebbero potuto farlo scoprire. Qualche minuto più tardi, la ragazza sembrò mangiare la foglia. Al contrario del percorso che stava tenendo, svoltò in un corridoio più piccolo, sul quale si affacciavano un paio di aule adibite a laboratori o a studi di professori. Successivamente, Seth ebbe la conferma di quello che che stava pensando. Era stato individuato. Evidentemente era pratica del lavoro, se era riuscita ad avvertire la sua presenza all'interno dell'Università. La ragazza continuò a girare per la facoltà, senza un percorso specifico. Se non altro giocava in casa. Quando imboccò l'ultimo corridoio, Seth si fermò prima di girare l'angolo. Sapeva che oltre quella svolta si trovava unicamente una porta antipanico, che conduceva su un'enorme terrazzo situato al terzo piano. Era il momento dello scontro. Con passo normale, Seth seguì la ragazza dietro l'angolo, trovandola di fronte a sé. Aveva le braccia incrociate sotto i seni e dava le spalle all'uscita d'emergenza. Seth si soffermò qualche secondo a studiarla. A prima vista sembrava una normalissima ragazza di vent'anni. Le sue forme erano molto pronunciate, accentuate dai capelli lunghi cloro mogano e dal viso giovanile e ben curato. Nonostante l'aspetto, sapeva di non potersi fidare di lei. Se aveva imparato qualcosa dagli anni passati ad addestrarsi nella magia con Tom, era che poteva sempre fidarsi del suo primo istinto. E in quel momento, l'istinto gli stava dicendo di non dargli mai le spalle, per nessun motivo al mondo. Comunque, per il momento, poteva recitare la parte del professore, incuriosito dal comportamento di un'alunna. Assunse un aspetto a metà fra il sospettoso e l'incuriosito. Incrociò le braccia e creò un contatto visivo fra lui e la ragazza. Sempre restando fermo all'angolo del corridoio, si umettò le labbra e si preparò alla recita.

- Sentiamo, lei cosa ci fa in questo luogo? -

Sempre mantenendo il contatto visivo, espirò, facendo in modo che il suo respiro fosse avvertito anche dalla ragazza.

- Dovrebbero averle spiegato che l'ala dei Laboratori è preclusa a tutti tranne ricercatori e personale autorizzato. -

Attese qualche minuto, e concluse il discorso.

- Lei a quale categoria appartiene? -


Scusa per il post breve, stasera ho tanto per la testa...
 
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4 replies since 13/4/2012, 22:19   169 views
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