| A mali estremi, estremi rimedi e se per estremi rimedi s’intende andare a recuperare tra le aule universitarie uno dei suoi clienti che tenta di fare il furbo a lei poco importa. A lavoro eseguito si paga, poche storie. Dato Idunn sa come fare il proprio lavoro e sa di averlo fatto egregiamente -un morto, nessuna traccia-, adesso può pretendere i soldi. Ha forse l’aria di una crocerossina o di una missionaria? Affatto! E dire lo aveva avvisato, durante il loro primo incontro, di quali sono le sue regole ineludibili. Tentare di metterla sotto scacco significa attirare una quantità di problemi tali da far impallidire chiunque e lo sciocco di turno lo sta capendo a proprie spese. “I miei soldi, dolcezza.” Il trio di coltellini da lancio che le orna la mancina è praticamente di scena, ma pare fare il suo effetto sullo stolto. Chi è? Un professorotto, nonché imprenditore di un’industria chimica sulla via del fallimento, che ha fatto il passo più lungo della propria gamba, sulla cinquantina, con una pancia tanto imponente da rendere evidente la gola sia il suo peccato preferito. Ah, detesta simili uomini: fanno i gradassi ostentando una sicurezza che non gli è propria e poi quando devono tirare fuori gli attributi si dimostrano dei vigliacchi. “Dammi ancora qualche giorno, ti prego.” gli trema la voce “Ho… famiglia. I-io… Devi capire…” la fissa sgomento, avendo finito tutte le scuse del caso, i grandi occhi da topo a riempirsi di lacrime. “Scopri adesso i valori della famiglia? Non mi sembra tu ti sia preoccupato di quella altrui, quando mi hai chiesto di uccidere il tuo concorrente.” irriverente e sarcastica, gli sta seduta sulla scrivania a brevissima distanza. Una gamba sul piano del tavolo e l’altra -la sinistra, quella sfigurata- a fare da puntello sul pavimento. Si china verso di lui, arrivandogli ad un soffio dall’altrui muso “Voglio i miei soldi e li voglio adesso.” “Non li ho! Non li ho, dannazione!” teso, sotto pressione alza la voce fino a farla assomigliare ad un gridolino stridulo da adolescente. “Sssh. Vorrai forse che uno dei tuoi colleghi ti senta e scopra il verme che sei?” se la prende con tutta calma, la porta di accesso alla stanza in cui si trovano è chiusa a chiave. Inizia a pensare sia il caso di sbarazzarsi del problema tagliandogli la gola, sta iniziando a sudare come un maiale e, per conseguenza, a puzzare in modo altrettanto fetido. Però la cautela non è mai troppa e l’elementale non ha affatto voglia di attirare attenzioni indesiderate, rischiando di doversela vedere con qualche paladino improvvisato. Meglio temporeggiare, senza escludere la possibilità di attenderlo nei paraggi fino a sera e poi zittirlo una volta per tutte a sole calato. “Voglio essere buona” un eufemismo, ovviamente “Hai ventiquattr’ore di tempo per trovarli, fattele bastare e non provare a fregarmi. Né la polizia né il miglior segugio tu possa assoldare riuscirà a prendermi. Io sono la migliore del settore e credimi se ti dico non ti conviene avermi come nemica. Stai rischiando grosso, tienilo a mente.” gli rifila un’occhiata glaciale ed un adorabile sorriso, mentre il trio di lame scompare chissà dove e lei torna in piedi. Gli volta le spalle, s’avvia alla porta e fa scattare la serratura lasciandogli un ultimo avvertimento “So dove vivi, so più di quanto tu possa immaginare…” prima di sparire oltre l’uscio. Non si preoccupa di intimargli di tenere la bocca chiusa, anche riuscisse a chiamare qualcuno lei sarebbe fuori da lì prima dell’arrivo di chicchessia. Ecco che smette la maschera di assassina e indossa quella di donna qualunque. Abbigliata con una camicetta in cotone bianco smanicata, shorts in jeans ed un paio di scarpe in vernice nera dal tacco accettabile, può sembrare nulla più che una delle tante studentesse che s’aggirano tranquille per la facoltà. A quel piano il via vai di professori, studenti, assistenti e compagnia è un po’ più attenuato, ma nella zona in cui ci sono le aule è impossibile camminare senza essere urtati. Meglio così, non ama i contatti indesiderati. Tuttavia la confusione può esserle utile per passare inosservata. Imbocca un corridoio guardandosi attorno con fare curioso, notando sguardi a metà tra il raccapricciato ed il lussurioso rivolgersi a lei nella speranza di non essere visti –ha lasciato le proprie cicatrici belle in vista, forse per spaventare il professore, forse perché semplicemente le andava così quella mattina quando è uscita di casa. Comunque c’è abituata, quasi nemmeno li nota e preferisce ponderare l’eventualità di tornare al proprio appartamento per farsi una bella doccia fresca. La bella stagione ha portato con sé anche un caldo a umido e soffocante, più fastidioso che insopportabile.
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